All’Accademia Albertina di Torino si festeggia, venerdì 5 e sabato 6 maggio 2023, la rinata sezione italiana di AICA, l’Associazione internazionale critici d’arte, ed è giusto che si celebri l’evento in quel luogo perché il merito di questa rinascita è dovuto a un docente di quell’Accademia, Gabriele Romeo. Naturalmente gli intervenuti faranno il punto sulla attuale situazione della critica d’arte. Tra gli interventi, il mio, di cui qui fornisco un estratto. Tirerò dunque un sospiro di sollievo perché mi sembra che la carica selvaggia dei cosiddetti curators sia venuta meno, per il fatto che ancora prima sono quasi scomparse le mostre pubbliche, mancanza di fondi, divieti imposti dalla epidemia del Covid. Si fanno mostre nelle gallerie private, e là è giusto che ne siano i gestori a decidere a chi affidarne le curatele. Del resto, in ogni caso avrei ribadito che tra gli attributi di un critico militante c’è pure quello di farsi organizzatore di mostre, e dunque non sarebbe disposto a farsi espropriare di una simile facoltà da una categoria spuria di curators. Ora il pericolo è che si affidi l’arte all’elaborazione di una qualche intelligenza artificiale, affidata a dei robot. Intendiamoci, che l’elettronica debba intervenire nei procedimenti artistici mi sembra ovvio e lodevole, io mi vanto di essere stato tra i primi a fare ricorso alla videoarte, fin dal lontano 1970, e credo pure nella validità del ricorso ai neon. Ovvero, si possono impiegare gli strumenti forniti dal progresso tecnologico ma, diciamo così, in presa diretta. A loro poi si deve riconoscere anche un essenziale intervento di specie informativa. Oggi non c’è artista o luogo espositivo che non abbiano un loro sito colmo di immagini visibili, tanto che anche un handicappato come me nel muoversi può farsi un’idea dell’arte da valutare per questa via virtuale. Ma purché ci sia la consapevolezza che ne esiste un riscontro fisico concreto, visibile. E’ un po’ come la questione dei soldi, tutti ormai ricorriamo ad essi in modo virtuale attraverso le carte di credito, ma da qualche parte ci sono riserve monetarie, addirittura auree che ne costituiscono una garanzia. Del resto ricordiamoci della fallacia di certi ritrovati di tecnologia avanzata, se non sbaglio un decennio fa tutti dicevano che l’avvenire stava nell’indossare un casco capace di fornirci immagini di una produzione altrimenti invisibile, Ora questa ipotesi alternativa è stata destituita di credito, e di uso. Anzi, se mai, in base alle oscillazioni degli stili, al giorno d’oggi assistiamo a un cauto ritorno alla pittura, seppure nelle forme attali del muralismo, graffitismo, street art e simili. Il tutto, insomma, implica una rivincita dei mezzi classici attraverso cui i critici ese