Letteratura

Una storia di angeli custodi

Ricevo l’opera prima di Leo Giorda, L’angelo custode,steso da un giovane di 26 anni, e come sempre non mi esimo dal dovere di parlarne, Tanto pe cambiare, si tratta di un giallo, ma niente paura, si potrebbe dire che questa è un’astuzia di tanti nostri narratori per svolgere quello che uso definire un realismo con due “neo. Infatti quello che convince, è il volto di una Roma popolare, in cui abitano i vari protagonisti, compreso un orrido criminale che rapisce dei giovani per un irrefrenabile impulso omicida, mascherato anche da un intento mistico, di dar loro la morte per salvaguardarne l’innocenza e fare di loro degli angeli anzi tempo.  Ma a parte questo nucleo, pur centrale, conta la normalità con cui vivono i  vari protagonisti,  del tutto estranei a questa dimensione mostruosa, taumaturgica, irreale. Il primo ad affacciarsi è tale Claudio Gatto, un balordo, un fallito, che sembra fatto apposta per apparire quale l’omicida ricercato, da un poliziotto, Giacomo Chiesa, che a sua volta si presenta come la personificazione dell’arbitrio, del potere incontrollato, al punto che in una sequenza malmena, infligge crudeli ferite al pseudo-colpevole. Per fortuna che questi ricorre per protezione a un vero angelo custode, che sarebbe anche lui un balordo, dal curriculum molto incerto, e senza dubbio non uno stinco di santo. La gente lo chiama Woodstock, ma, soprattutto se sotto l’effetto dell’alcol e della droga, si mostra capace di un fiuto eccezionale nel risolvere i casi più difficile, come quello qui in oggetto. Ma il centro del romanzo non sta nel duetto tra Gatto, vittima designata, e il suo salvatore, bensì  in un incontro tra il detective insolito e l’investigatore ufficiale. Questo duetto costituisce  l’asse centrale del racconto, e direi che quando i due compaiono, magari scazzandosi, urtandosi, inveendo l’uno contro l’altro, sta il meglio del romanzo. Qui e in tante altre opere i nostri narratori ci sanno fare, abbiamo il realismo nel sangue, e lo emaniamo in tante occasioni, come le bevute, le cene, perfino le incursioni nella droga cui i nostri due si concedono, in una ritrovata concordia al di là dei rispettivi ruoli che li dovrebbero vedere navigare su sponde opposte. Poi, naturalmente, ci sta il giallo, ma la soluzione apparirà del tutto inverosimile, questo in genere è il tallone d’Achille dei nostri giallisti, tanto bravi quando ci tratteggiano una quotidianità in vesti dimesse, come ben conosciamo. Mentre sono ben lontani dai grandi giallisti della storia quando affrontano ingarbugliate vicende senza capo né coda, che non stanno in piedi. Ma niente paura, fatti fuori i “cattivi”, gli angeli corrotti e divenuti dei demoni, il pacifico duetto dei nostri due amici può riprendere a scorrere, anche se il poliziotto dovrà lasciar cadere il suo ruolo ufficiale per avvicinarsi alla dimensione semplice, popolare, quotidiana dell’amico fortunosamente trovato. L’orrore sta in fondo alla scena, in primo piano ci sta una condotta abbastanza serena e accettabile.

Leo Giorda, L’angelo custode, Salani Ponte alle Grazie, pp. 262, euro 16.

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