Di Christian Frascella mi ero già occupato all’uscita del suo “La sfuriata di Bet”, 2011 con recensione positiva su “Tuttolibri”, da cui poi sono stato espulso per indegnità. Ora confermo il gradimento, in questo mio blog a ruota libera, a proposito del recente “L’assassino ci vede benissimo”. A tutta prima mi si potrebbe obiettare che con queste sue prove Frascella entra nella schiera innumerevole dei “giallisti”, fenomeno di punta dei nostri anni, da indagare più con strumenti di sociologia che di critica letteraria. Ma il suo eroe, di nome Contrera, si distingue semmai per una ironica e masochistica confessione di fallimenti continui, nella vita e nell’attività professionale, di detective emarginato, alla testa di una ditta di incerte fortune e incassi. Naturalmente alle sue spalle ci sta una tipica famiglia “aperta”, come appunto è nel nostro costume quotidiano, ma spicca già per qualche originalità la situazione curiosa e insolita in cui questo protagonista sfortunato si caccia. Infatti ha lasciato, quasi come d’obbligo, la moglie Anna, ma non senza prendere congedo da lei con un ultimo rapporto sessuale, da cui la donna resta incinta, creando un evidente imbarazzo nel marito, già avviata a una convivenza ritenuta più vantaggiosa con una fanciulla più giovane. Come confessarle questo legame residuo che lo vincola pesantemente a un passato prossimo? Del resto, ad allacciarlo ad esso c’è pure un rapporto, neanche dirlo, tempestoso, con una figlia che vuole vivere la sua vita, sfuggendo a un controllo paterno, cui manca del resto ogni credibilità e onorabilità. Le cose vanno male pure sul fronte professionale, dove Incontrera riesce a procacciarsi solo piccole committenze, come quella di ottenere un risarcimento per un cliente a cui è stata venduta un’auto assolutamente manchevole delle qualità e garanzie promesse al momento della vendita. Un piccolo affare che però cresce di importanza, in quanto il venditore truffaldino è protetto dalla malavita organizzata, con cui il nostro non-eroe è costretto a ingaggiare un conflitto, come su un ring, dove la partita si disputa a varie riprese, con un punteggio che talvolta sembra disastroso per il nostro detective, a conferma di una sua incapacità costitutiva, ma talaltra i casi della vita gli offrono qualche vantaggio. Insomma, il referto finale è sospeso, tra fallimenti ma anche colpi di fortuna e gratificazioni impensate e improvvise. Una catena di fatti , un minestrone tutto sommato ben amministrato, nei sapori, nei contrasti, in tutto degno, come concludevo in quella mia passata recensione e ora confermo, della categoria di un realismo accompagnato da due “neo”, ovvero ben sintonizzato sui guai, brutture e incertezze del nostro orizzonte quotidiano.
Christian Frascella, L’assassino ci vede benissimo, Einaudi, pp. 283, euro 18.