Grazie a Artribune è come se io stesso potessi contemplare da vicino un capolavoro del Caravaggio, la Madonna deiPellegrini,esposta all’ammirazione del pubblico in questi pochi giorni. E’ opera che appartiene agli anni centrali del Merisi, tra il 1604 e il 1606, cioè prima della sua forzata fuga da Roma e l’esodo a Napoli, Malta, altri luoghi, quando la sua visione si allarga, perdendo la magnifica capacità di mettere e a fuoco la visione, di farla consistere di pochi personaggi, come in questo dipinto, dove come è ben noto sorprende il realismo dei due pellegrini, che forse dominano ancor più la scena rispetto alla Madonna e al Figlio, che del resto si adattano anche loro perfettamente al tono realistico della rappresentazione. Si dice che la Madonna fosse ripresa dall’autentico volto di una prostituta. E i pellegrini in primo piano ostentano il dato famoso dei piedi nudi sporchi di fango, come si addice a chi ha tanto girato per le vie del mondo, quasi come degli immigrati dei nostri giorni. Caravaggio da tempo ha abbandonato il meraviglioso, e non ben esplorato realismo magico della sua prima stagione, ora è nel pieno della sua stagione centrale, prima che qualche traccia del reato di violenza si stampi sui suoi dipinti successivi, nei quali, forse proprio per effetto della sua emigrazione, la scena si allarga, forse troppo, permettendole di essere invasa dalle ombre, da cui i corpi emergono come isole rarefatte, ma recando nei volti i segni della violenza quale si addice a quella stagione estrema, dove appunto, come in una ripresa cinematografica, l’artista allontana la macchina da presa e affonda nelle tenebre, nella violenza, mostrando eloquenti i segni di quanto lui stesso sta subendo sulla propria pelle. Questo dipinto, invece, rappresenta un periodo di equilibrio, di perfetta sospensione tra le varie componenti che vi entrano in gioco, è un’acme forse non più raggiunta. In seguito la visione si allontana, si immerge nell’oscurità, alla ricerca di un nuovo equilibrio, ma ormai perduto e che non potrà più ritornare, almeno con la calma e la perfezione che cogliamo in questa magnifica scena, dove tutto è giusto, il tempo di posa, la precisione con cui i vari dettagli vengono messi a fuoco, con forza paziente, sicura di sé, con una evidenza del tutto commisurata all’episodio ritratto, mai sopra le righe, mai eccessiva.