Devo essere molto grato a una casa editrice spagnola, dal curioso nome di Casimiro, che ha edito in buona traduzione due cose mie, un lontano (1967) “mensile” della allora benemerita Fratelli Fabbri, da me dedicato al fenomeno, mai ben studiato qui in Italia, dei Preraffaelliti. Di recente, in esile plaquette, ha pure offerto sempre al pubblico iberico il mio saggio del 1971 su De Chirico, quello oserei dire famoso in cui ho proposto una interpretazione globale del nostro artista, superando la solita spaccatura gravante su di lui tra una sua fase “buona” e invece una successiva da condannare. Ma non è tutto, Casimiro esce anche con testi italiani, proponendo per esempio una “chicca” straordinaria, un’operina di Filippo Tommaso Marinetti, “Spagna veloce e toro futurista”, il che mi consente, ma dovrebbe pure consentire all’intera opinione critica nazionale, di riaprire ed estendere il discorso su questa grande figura, come del resto era già stato possibile all’apparire di una sua opera estrema, rimasta inedita, “Venezianella e studentaccio”, uscita con attenta cura di Paolo Valesio, un mio concittadino, ma di vasta apertura internazionale, con cui avevamo concepito il progetto generoso di una edizione nazionale dell’opera omnia del padre del Futurismo. Insisteremo nella speranza di giungere prima o poi a questa meta. Su di lui pesa l’assurda pretesa di restringerlo alle pur meravigliosa e fondamentale stagione dei manifesti con cui ha rivelato e imposto al mondo intero le coordinate del Futurismo. Come se poi, per un trentennio, fino alla morte, nel 1944, avesse vissuto di rendita, oltretutto con la macchia della compromissione mortale col regime fascista. Buon per lui, e per noi, che se ne andasse prima della caduta di Mussolini, diversamente qualche sciagurata pallottola avrebbe potuto abbatterlo, come è avvenuto nel caso del filosofo Gentile. Ma appunto tra la stagione senza dubbio magica ed eccezionale dei “manifesti” e la morte ci sta un laborioso cammino disseminato di buoni esiti. Come questo del 1928, che nasce all’insegna di un diario di viaggio, quando Marinetti era ancora universalmente celebrato come inventore di uno dei movimenti più rivoluzionari del secolo. In quell’anno lo chiamano per conferenze a Madrid e a Barcellona, dove lui si reca con mezzi “veloci” e in linea con la tecnologia del momento, aereo, auto, stendendo appunti di viaggio, del tutto coerenti con la sua forma mentis. E il titolo ne è la diligente denuncia. Magari conviene partire dal fondo, dall’esaltazione del “toro futurista”, in cui si potrebbe cogliere il banale ossequio a un luogo comune turistico, il che porterebbe a insinuare già qui una nota di disapprovazione. Elogiare quello stupido sacrificio di una bestia votata all’uccisione certa è in totale contrasto rispetto alla nostra attuale sensibilità “animalista”, e magari vi si può cogliere l’aspetto funesto di un Marinetti rivolto a inneggiare alla guerra. Senza dubbio è così, ma almeno va notato al positivo che quella lotta, a suo avviso, si deve svolgere ad armi pari. Nel libello infatti si fa parlare il toro, che si prende beffe dei suoi competitori e delle loro paure, e invoca addirittura per sé una specie di pensione dorata, nel caso di sopravvivenza. Proprio in questi giorni il problema si è riaperto, a proposito dei cavalli da corsa, infatti ci siamo chiesti che fine fanno, e se non sia possibile evitare che vengano portati al macello.
Ma non a caso il capitolo della corrida è posto al secondo posto, il corpo principale dell’opuscolo è dedicato proprio ad annotazioni “veloci” dedicate alla Spagna, che stanno tra la prosa e la lirica, come del resto sarà per l’ultimo prodotto sopra ricordato. E proprio parlando di questo, mi ero sentito in dovere di fare un parallelo con l’opera del Joyce posteriore all’”Ulisse” e rivolto al laborioso incrocio semantico affidato al “Finnegans Wake”. Anche Marinetti, per dare segno di una rapida stenografia, non rinuncia alle onomatopee, cercando che la parola catturi il suono e che la pagina diventi uno spartito. Ognuno di questi capitoletti si conclude proprio con una di queste trascrizioni: Muumuugolaare, Avvvento, Agoniia”, ecc. Naturalmente compaiono i dati di una Spagna pigra, attardata, prigioniera di una vecchia civiltà contadina, dominata per esempio da “lentissime mule”, cui tenta di porre rimedio proprio l’automobile che trasporta il nostro condottiero nel rapido passaggio da Madrid a Barcellona. La macchina infatti “sobbalzando strizza rapidamente la strada che furente si risolleva globulosamente bianca”. Da notare in particolare il valore di quell’avverbio coniato per l’occasione. Più avanti compare un’altra vivida registrazione sonor: “cruc crac cruc crac /di un pezzo di pane duro in bocca”, ma non mancano certi gratificanti compensi di specie lirica, che ancora una volta possono rimandare al Joyce delle epifanie: “Come trema quel filo d’erba!”, anche a dimostrazione che siamo in presenza di un vero poeta e non di un esecutore programmatico di effetti preordinati. Del resto segue poco dopo un’altra annotazione dello stesso genere: “Il fresco infinito mi bacia le guance”. In fondo, una simile duplicità di componenti è espressa al meglio nella dichiarazione di voler mirare a una “solidarietà di carne +acciaio”. C’è insomma, malgrado tutto, una massa di dati reali che resistono, anche se indubbiamente l’autore intende registrarli, renderli “quadrati”, farli entrare a forza in una scatola, che al momento è l’auto veloce su cui viaggia, ma che oggi potrebbe essere l’apparecchio registratore, o magari il telefonino, il cui obiettivo, di impadronirsi di quella realtà ruspante e resistente, non è però del tutto facile. Infatti “ostinatamente si rifiuta d’entrare nella scatola quel dorso di cammello o sierra”. Naturalmente, pur dovendo riconoscere la sopravvivenza di una Spagna antica, immemoriale, il proposito marinettiano non può che essere di convertirla a una dimensione innovativa di progresso tecnologico, per effetto del quale “Le nuove lune elettriche di Barcellona e di Bilbao vietano all’antica fuliggine dei roghi cattolici di risporcare l’orizzonte spagnolo”.
F.T. Marinetti, Spagna veloce e toro futurista”, a cura di Daniele Corsi, Madrid, Casimiro, 2017.