Credo che solo un artista come Aldo Spoldi potesse accettare di fare una mostra nel modenese Museo della figurina, qualsiasi altro suo collega avrebbe ritenuto di sminuirsi, accettando una partecipazione del genere. Le figurine invece sono nel destino, nel progetto originale di Spoldi, lo si poteva intuire dal raduno che Crema gli ha organizzato venerdì scorso. Si è vista una intera comunità stringersi attorno al “suo” artista per eccellenza, assieme a Loredana Parmesani, quasi una co-autrice, sempre presente accanto a lui. La figurina rappresenta al meglio la nostra possibilità di “scivolare”, anche se adulti, verso un mondo dell’infanzia, verso la dimensione del “fanciullino”, che come ben si sa è il termine privilegiato per definire l’universo di Pascoli, ma per la poesia, il vocabolo resta disponibile nel settore del visivo, ma chi meglio di Spoldi lo può assumere? Nell’occasione, si è ricordato il “Corriere dei piccoli”, il bello è che forse io soltanto, data la mia età avanzata di ultra-ottantenne, ero stato davvero, da bambino, un fruitore dei favolosi Sor Pampurio, Bonaventura, Marmittoni, Dottor Lambicchi. Non che Aldo pretenda di risuscitarli puntualmente, ma certo le sue figurine intendono rifarsi a quella dimensione dove il piccolo è bello e privilegiato, però con la variante che Spoldi ingrandisce quelle figurine, creandone tanti equivalenti e derivati, ma per il resto, rinascono in lui tutte le pulsioni che accompagnano quella dimensione del piccolo. Soprattutto la pulsione a creare una serie numerosa di personaggi. Le figurine implicano la collezione, si pensi a quando, già nel dopoguerra, questi felici talismani comparivano in bustine, che aprivamo febbrilmente, per poi disporle in qualche album, aspirando alla completezza delle serie. Ebbene anche Aldo predispone abilmente i suoi album, solo che questi non si accontentano più delle pagine di un qualche prodotto cartaceo, ma si espandono gioiosamente sulle pareti di stanze e gallerie, o magari anche sulle pareti di un camper. Proprio nella mostra modenese compare un’altra di queste proprietà. Molte volte le figurine si presentano all’avida attenzione del fruitore come delle semplici sagome in bianco, lasciando a lui o a lei il compito di campirle con colori, che naturalmente devono essere puri, nitidi, araldici. Va da sé che la dimensione dello scherzo, del ludibrio, della beffa, o per usare la gioiosa parola di cui si vale Aldo, il marramao, accompagnano questa parata multipla e inesausta. Del resto, con l’aiuto di Loredana, il Nostro va alla ricerca di ogni occasione che gli consenta di “scivolare” beatamente in questo regno della regressione infantile, che come ci insegnano le regole del comico, è una delle situazioni in cui nasce la reazione, soltanto umana, del riso. Solo noi esseri umani siamo vittime della rimozione della libertà dagli impulsi istintivi. Ma man mano che cresciamo, le buone regole sociali ci impongono appunto di reprimerli. Solo il fanciullino che cova in noi riesce a liberarsi a tratti da questa schiavitù, e quindi di riflesso ci consente di partecipare a uno sblocco di energie allo stato puro. Nell’occasione non ho mancato di ricordare che il grande Kafka è stato un convinto sfruttatore di questo meccanismo produttore del comico, come dimostra il trovatello di America, obbligato da crudeli genitori ad andarsene ramingo per le vie appunto del Nuovo Continente, ma trovando sollievo e compiacimento nei complessi meccanismi che ne regolano l’esistenza. Il grande capitolo del cinema comico muto, da Charlot a Buster Keaton, è il miglior rappresentante di tutte queste gags liberatrici, e nulla meglio del Teatro di Oklahoma, sempre per stare alle pagine di quel romanzo magico, costituisce la tradotta verso la liberazione dai vari lacci del mondo adulto. Ovviamente anche tutte le figurine di Aldo si imbarcano idealmente verso quella meta utopica. A meno che, come è avvenuto qualche volta, proprio per acquistare mobilità non vadano a coprire le pareti esterne di un camper, che così funziona come un carroccio dei buoni tempi dei Comuni. Infatti ho potuto ricordare una cerimonia tipica che qualche anno fa abbiamo compiuto benedicendo proprio il camper già pronto per portare in giro i suoi tesori, verso un Oklahoma virtuale, e nell’impresa ci si era messo con grande impegno, in perfetto abito talare, un docente di Brera, il pof. Correggia, alla presenza di due amici di Aldo quali il gallerista Giorgio Marconi e il grande chef Gualtiero Marchesi. Era un modo per scivolare lungo le vie del mondo, alla ricerca di tutte le possibili isole di libertà, di riemersione del fanciullino che se ne sta nascosto in ciascuno di noi.
Le avventure di Aldo, Modena, Museo della figurina.