Come tutti, sono angosciato per l’estendersi del fenomeno dei disgraziati che si imbarcano in genere dalla Libia sulle cosiddette carrette del mare nella speranza di giungere sulle nostre coste. Forse non è vero che ne sono in arrivo un mezzo o un intero milione nel corso di quest’anno, come prevede Frontex, ma se anche fossero soltanto un decimo, sarebbe lo stesso un numero eccessivo. Abbiamo cercato di fare del nostro meglio per dare un soccorso umanitario prima con Mare nostrum, e ora con un più ristretto Triton, anche se i nostri centri d’accoglienza lasciano molto a desiderare, ma forse si reggono su una tacita intesa tra custodi e profughi, i primi allentano le barriere per permettere agli altri di emigrare verso Paesi più solidi del nostro. Comunque, la situazione è ormai del tutto insostenibile, ma che fare? Mi pare che l’incaricato dall’ONU per questo problema, Bernardino León, stia facendo del suo meglio, meglio ancora se alla sua prossima scadenza venisse sostituito dal nostro Prodi, cui il sempre dinamico Renzi ha pure prospettato il sostegno ad una sua possibile candidatura a divenire il prossimo segretario generale proprio dell’ONU, e vorrei che il nostro leader non scartasse a priori una eventualità del genere,
Ma, venendo al dramma attuale e incalzante, un fatto nuovo è che lo stesso León si dichiara non alieno dal prevedere una strategia di contenimento, per impedire che quelle precarie imbarcazioni si allontanino dalle coste libiche, col loro carico tante volte destinato alla morte. Non credo ipotizzabile che si costituiscono delle guarnigioni a terra per contrastare questi imbarchi, ciò rientrerebbe nella politica invasiva che nessuno vuole perché ne sono evidenti i forti rischi, queste punte avanzate diverrebbero in breve il bersaglio di ogni possibile attentato, ci vorrebbe davvero una forza militare per proteggerle, e dunque entreremmo proprio nel non voluto capitolo di una vera e propria operazione militare di terra. Ma ritengo che la tecnologia odierna possa assicurare dei sistemi di avvistamento, per esempio un servizio di pattugliamento delle coste e del limite delle acque internazionali affidato al volo di droni, o a una stazione orbitale da cui arrivassero le segnalazioni di barche in viaggio. Toccherebbe poi a navi della nostra marina o di altri paesi europei stazionare in luoghi strategici per poter assicurare un pronto intervento al fine di dissuadere proprio quelle scialuppe precarie dalla tentazione di procedere. Si dovrebbe cercare di farle tornare indietro, pronti a intervenire nel caso che ci fossero naufragi. Naturalmente di sicuro molte di queste imbarcazioni sfuggirebbero al controllo, varcherebbero il confine delle acque internazionali procedendo inesorabilmente verso di noi, ma forse, insistendo, si riuscirebbe a dissuadere dalla pratica di questa forma di sfruttamento, le attraversate diventerebbero a rischio di non andare a buon fine, gli stessi disgraziati che pagando profumatamente vi si affidano potrebbero essere indotti a desistere, convincendosi di quanto una soluzione del genere stia diventando ancor più difficile di come lo è attualmente, dove, non dimentichiamolo, scialuppe, gommoni, mercantili in disarmo si allontanano indisturbati, intraprendendo il viaggio chimerico ed esposto ad ogni pericolo, con la morte che colpisce almeno in un terzo dei casi. Varrebbe comunque la pena di mettere alla prova un sistema di prevenzione del genere.