Confesso di aver affrontato con molti sospetti la raccolta “Dieci piccoli infami” di Selvaggia Lucarelli, nota come presentatrice televisiva, cioè per prestazioni extra-letterarie, al pari di tanti altri giornalisti, attori, uomini politici, che un tempo magari ricercavano una promozione letteraria pubblicando una esile raccolta di versi, ora invece la meta appetibile è il prodotto narrativo, l’unico riconosciuto nell’Olimpo dei valori contemporanei. Questa decina di racconti sono davvero esili, ma quanto meno freschi, spontanei, soprattutto la nostra Lucarelli non cade nella fallacia che io denomino all’insegna di Giamburrasca, che non avendo troppa fiducia nelle sue capacità inventive per condurre il suo Giornalino, all’inizio va a rubare le pagine dai diari delle sorelle. Se penso a narratrici più in carriera rispetto alla Nostra, per esempio a due protagoniste del Campiello come Donatella di Pietrantonio e Laura Pugno, ognuna di loro, “ruba” da vecchi repertori per consolidare i rispettivi prodotti, la prima va a pescare nel logoro scenario della napoletudine con connesse miserie e sofferenze, l’altra si affida addirittura a vecchie leggende legate ai destini incrociati di due gemelle. Invece la Lucarelli accetta ben volentieri di muoversi su una leggera scena quotidiana fatta di piccoli incidenti senza particolare importanza, ammette cioè che si tratta di qualche “evento microcosmico”, ma in definitiva di questi è tramata la nostra esistenza, e dunque non vale la pena andare a cercare argomenti più profondi. Potremmo parlare quasi di una narrazione effettuata con l’aiuto del cellulare, volta a sorprendere scenette sul filo dell’attualità, minime in sé, ma suscettibili di creare traumi, di incidere sui nostri umori, fino addirittura a causare svolte sentimentali, mutamenti di comportamento. E’ il caso del primo di questi mini-racconti che documento di una delusione patita dall’autrice nell’infanzia, in cui era affezionata a un’amichetta del cuore, tale Susanna di Lello, così da spartire con lei lo stesso banco di scuola. Ma alla ripresa, un anno dopo, si compie il tradimento, la compagna non la guarda più in faccia, ritenendo di averne trovato un’altra più alla moda e promettente. C’è l’avventura notturna, di un’impresa in auto. L’autrice che si confessa, in modo franco e scoperto, viene a trovarsi in panne nelle tenebre di un bosco. C’è il piccolo trauma di un “parrucchiere anarchico”, creatore velleitario, che le tinge i capelli con un colore impossibile. Non mancano momenti di impensato riscatto, quando la nostra autrice-protagonista, senza mai porre una distinzione tra i due piani, da adolescente concorre a un premio di bellezza in un borgo selvaggio dove si trova a passare l’estate, e le riesce, incredibilmente, di battere una rivale che è già attricetta, salutata da successi, ma per tale ragione divenuta insopportabilmente spocchiosa, quindi punita dal pubblico. C’è soprattutto una tenace difesa dei propri diritti, della propria libertà, assieme a quelli di un figlioletto che la protagonista si trascina dietro, frutto di una relazione sbagliata. Con la conseguente ricerca di un’anima gemella, che questa finalmente è stata trovata, ma purtroppo si tratta di “Mister Amuchina”, cioè di un essere prigioniero di un culto maniacale dell’ordine, dei riti della pulizia e dell’igiene, tanto da rendere una magnifica residenza a più livelli, largamente accessoriata con ogni più avanzato ritrovato, in realtà molto simile a una prigione, a un gabbia asettica, dove non è possibile vivere, sia alla giovane madre sia al suo bambino, inducendoli a una fuga riparatrice. Sempre in questo capitolo della faticosa ricerca di un’anima gemella, capita alla Nostra un altro incidente sconcertante, una persona affabile e disponibile, che sembrerebbe pronta a uno scambio di amorosi sensi, interpreta un tale rapporto nel modo più grossolano mandandole l’immagine del proprio pene. E’ anche brillante e piacevole l’andare in su e in giù nel tempo, come scorrere una serie di foto non ben ordinate, per cui si retrocede all’improvviso ai tempi di un’infanzia e adolescenza rattristate dalla dura egemonia di suore, conduttrici di scuole private, prive di ogni senso di comprensione e di affetto come è nel caso di una inflessibile, ferrigna Suor Clelia. Il panorama, insomma, è piacevolmente variegato, pur sempre nella sua voluta leggerezza e frammentarietà.
Selvaggia Lucarelli, Dieci piccoli infami, Rizzoli, pp. 216, euro 17.