Attualità

Rushdie: una coltellata in cronaca diretta

Knife

Per paradosso mi sentirei quasi di affermare che dobbiamo quasi benedire quelle coltellate recate a Salman Rushdie da un balordo, dato che gli hanno consentito di dedicare a quel pur tragico evento uno dei suoi scritti migliori, tali che a mio avviso gli meriterebbero l’assegnazione del Premio Nobel. Eppure almeno nel mio giudizio le sue quotazioni erano alquanto al ribasso, avevo recensito ancora con abbastanza consenso La caduta dei Godwni, drammatica vicenda  insita in quella  New York in cui si era inserito così bene, ma mi aveva lasciato perplesso il suo Quichotte alquanto pasticciato e insicuro, tanto da fargli preferire un’opera analoga nel tema stesa dal nostro Moresco, per quanto autore discontinuo e inferiore al suo collega anglo-indiani. Dell’ultimo dei suoi prodotti, La città della vittoria, in cui aveva tentato di ritornare al folclore delle due origini indiane, avevo preferito non parlare, tanto  mi era apparso stucchevole il suo ritorno a frasi formulaiche e rituali.  Invece questo Knife è opera palpitante e attuale,  vale per  celebrare tutti i delitti, gli omicidi, i femminicidi di cui sono piene le nostre cronache, ci fa seguire in diretta l’approssimarsi del fatale coltello, seguito con la coda degli occhi, in una perfetta  economia dei secondi pieni  di tensione che risultano quasi simultanei al compiere del gesto fatale. E precisi, incalzanti sono tutti i successivi interventi clinici, di cui Rushdie stende una cronaca perfetta, che ce li fa rivivere, con tutte le sue ansie, ma  anche con disperata volontà di vivere, di riconquistare un pizzico di normalità. E frattanto la sua macchina mentale, quando non offuscata dai tranquillanti e dalla narcosi, rivanga nel passato, rende presente, attuale  tutto il passato, compresi gli attentati subiti al momento che su di lui era stata spiccata la famigerata fatwa. Non c’è insomma brano o momento di questi minuti di vita che non ci renda partecipi, quasi a incarnarci nel personaggio che si apre minuto per  minuto davanti a noi, in una cronaca puntuale, vivida, inesorabile, cui ovviamene partecipano parenti e amici,  in un

caleidoscopio che rinnova davanti a noi le sue visioni. Ammiriamo una forte volontà di vivere, anzi, di sopravvivere. E molto interessante è pure il dialogo virtuale che la vittima suppone di riuscire a intrattenere col suo carnefice, dove traspare una interpretazione dell’umanità di oggi, lo sbandamento di scopi e intenzioni, da cui saltano fuori proprio questi lupi solitari che colpiscono senza fondate ragioni, tanto che la stessa vittima non se esprimere un giudizio: condanna o commiserazione, o invito a fare meglio i conti con l’esistenza, alla ricerca di qualche motivo per giustificare una condotta altrimenti aberrante? Anche questa è una parte organica che coesiste  molto bene con la brutale cronistoria dell’attentato.

Salma Rushdie, Knife, Mondadori, pp. 234, euro 21.

 

 

 

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