Sono stato molto colpito quando ho visto l’installazione di Roberto Cuoghi al Padiglione Italia della Biennale di Venezia del 2017, ottima scelta della Alemani che forse le ha aperta la strada alla direzione ottenuta in questa recente edizione. Poi lo avevo ammirato per una mostra al MADRE di Npoli dedicandogli una lunga recensione sull’ “Unità”. C’erano quindi tutte le premesse per conferirgli il Premio Alinovi Daolio, che sarebbe stato per il 2020, ma il covid ci aveva costretto a saltare quell’anno, quindi il Premio ben meritato lo ha avuto soltanto l’anno scorso. Ora apprendo che ha una mostra addirittura nella sede base di Documenta, nel Fredericianum di Kassel. Non che mi ci possa recare, quest’anno per la prima volta non sono andato neppure a visitare quella grande rassegna. Ma, da immagini ricevute, sono in grado di aggiungere qualcosa al molto già detto su di lui. Trovandolo capace di due movimenti, l’uno in termini familiari lo si potrebbe dire dell’infornare, utilizzando tralicci, pale, o addirittura macchine di avanzata tecnologia, quasi degne di alti forni. E’ un gesto diabolico, di un Satana che si è modernizzato nel gestire le sue condanne. Ma poi c’ il movimento contrario, cioè il ritirare dall’alto forno quanto vi è stato posto cuocere, a carbonizzarsi quasi. E dunque in Cuoghi si alternano un aspetto costruttivo e uno distruttivo, Quelle stesse pale ritirano dal fuoco delle teste, dei frammenti di ossa, altri residui di qualche rogo taumaturgico. Oppure quegli strumenti a canne come organi gli servono per pescare nei fondali e ricavarne frutti di mare, meravigliose stelle marine, tesori giacenti sul fondo da tempi immemorabili. Nel che Cuoghi trova una qualche affinità con gli analoghi sondaggi che un artista di grande riferimento come l’artista Damian Hirst ha dimostrato di saper condurre nella recente mostra alla veneziana Punta della Dogana. In effetti il nostro artista condivide con il collega britannico la capacità di essere multiforme, di saperci sorprendere in modi sempre mutati e imprevedibili. Insomma, si tratta di un nostro prodotto di sicura esportazione, come hanno riconosciuto nella mostra a Kassel.