Ancora una volta devo confessare la mia ignoranza circa i precedenti da ascriversi a Alessandro Robecchi attraverso la sua banda Monterossi, ne prendo atto solo a partire da questi suoi recenti Cinque blues, dove se si vuole c’è subito da riconoscere quel tocco di attualità dato dall’adozione del termine di blues. In sostanza si tratta di racconti brevi, buoni eredi dell’arte di Camilleri, che anch’essa dà forse il suo meglio in componimenti di poca ampiezza, quando non è costretta a trascinarsi dietro la complessa fenomenologia del Commissario Montalbano e della sua banda, Del resto, il racconto ha una lunga e favorevole tradizione nella nostra narrativa, vorrei qui ricordare in particolar modo il trascurato Bandello, anche lui alla ricerca di eventi emergenti da un piatto scorrimento della vita di tutti i giorni. Anche la banda formata, oltre che dal titolare Monterossi, dal suo socio fedele, e attento a correggerne i possibili errori, Oscar Falcone, vengono stuzzicati da casi fuori dell’ordinario, che mettono in moto anche la nostra stessa curiosità di lettori, costretti a spendere un po’ di tempo per capire come le faccende vanno a finire. Diciamo insomma che i due affrontano dei garbugli non facili da districare. Come per esempio l’essere chiamati a indagare sul furto di un cagnetto insignificante, salvo poi a scoprire che l’animale portava al collo un gioiello tempestato di pietre preziose, e dunque un rapimento a scopo di ricatto diviene comprensibile. Ma c’è sempre un raddoppio, in queste storielle, come per una nuova puntata sul tappeto di un gioco d’azzardo, infatti si viene a scoprire che la posta in gioco non sta tanto nel recupero di quel gioiello, quanto nello strappare dalle mani del sequestratore e ricattatore l’arma più insidiosa di far conoscere l’ammontare spropositato di quel dono effettuato da un imprenditore che sta per licenziare un gran numero di dipendenti. Ma forse la novella più appetitosa è quella in cui i nostri due eroi cambiano casacca, assumono quella di cinici killer a pagamento, venendo noleggiati per questa loro azione delittuosa da due coniugi l’uno verso l’altra armati. Un bel rompicapo, essere stati chiamati a prestazioni contrapposte dalle stesse persone, Per fortuna un colpo di dadi interviene in aiuto di chi si affida al genere del racconto, infatti a sciogliere il rebus viene la morte accidentale, o per suicidio, di entrambi i committenti, senza che i nostri simpatici criminali si debbano sporcare le mani. Nell’ultimo dei racconti, Occhi, anche qui c’è un rovesciamento di decorsi più usuali, c’è di mezzo un figlio bastardo cui pure il padre, pentito, in punto di morte vorrebbe lasciare parte del suo patrimonio. Ma il beneficiario, invece che ringraziare la sorte, fa di tutto per resisterle, per non dover mutare un’esistenza vissuta nella mancanza di mezzi, di benessere, solo in ultima istanza si lascia convincere ad accettare quel dono imprevisto della fortuna. Insomma, siamo tutti assisi a un tavolo di gioco, non sapendo quali siano le carte o i getti di dado che ne trarremo.
Alessandro Robecchi, Cinque blues per la bamda Monterossi, Sellerio, pp. 263, euro 15.