Ricordo di Furio Colombo
Con la morte di Colombo, se non sbaglio, siamo rimasti solo in tre a rappresentare i sopravvissuti del Gruppo 63, io stesso, il mio concittadino Fausto Curi, e il caso eccezionale di Carla Vasio, tra le rare esponenti di quel nostro clima, non certo ricco di personaggi femminili, e oggi addirittura ultra-centenaria, con la maggiore longevità spettante alle donne. I mei rapporti con Colombo sono quasi a senso unico, di una estrema generosità da lui esercitata nei miie confronti, non ben compensata dalla mia attenzione alle sue imprese narrative. Del resto, la sua carriera si è svolta soprattutto nell’ambito di un giornalismo di tono assai elevato, e proprio in quella sua veste ho goduto di un suo intervento, non so se preso di comprensione per il mio stato non certo ottimale, fatto sta che è stato lui a raccomandarmi per una collaborazione alla “Stampa”, sotto la direzione di Arrigo Levi, con la giusta motivazione che si preoccupava per il futuro del giornale, volendogli assicurare l’arrivo di firma giovani. Là mi feci senza dubbio le ossa come critico d’arte, ma poi ebbi la tentazione di tornare al “Corriere”, dove era già stato nei primi anni Sessanta, tanto che ora risulto essere il più anziano esponente di quella squadra, anche se ciò non mi ha consentito la riammissione nell’organico. E contemporaneamente avevo pure la prestigiosa collaborazione all’”Espresso”. Entrambe si sono chiuse sul finire del secolo scorso, dal “Corriere” me ne sono ndato per decisione mia in quanto non sopportavo le angherie cui mi sottoponeva Sebastiano Grasso, auto-proclamatosi direttore della pagina dell’arte, quasi in contemporanea venivo pure licenziato dall’”Espresso” per motivi che non mi sono ancora chiari. Ma proprio in quel momento ci fu un provvidenziale intervento di Colombo che mi prese a bordo della “sua” Unità che aveva saputo rilanciare. Poi fu vittima di agguati tesigli dal Pd che lo obbligarono a lasciare, senza che io potessi seguirlo sul “Fatto quotidiano” di cui non ho mai sopportato i modi di fare del direttore. Per fortuna Colombo negli ultimi tempi si è distaccato da quella sede sbagliata passando a “Repubblica”, senza che io ve lo potessi seguire per mancanza di credito personale. Devo anche ricordare i modi gentili come mi accoglieva a New York nelle varie cariche che vi coprì. Ricordo che venne gentile e amichevole come sempre quando alla galleria di Holly Solomon inaugurai una mostra dei miei Nuovi-nuovi. Ricordo che in quell’occasione corresse in modi bonari e senza sicumera gli errori che io facevo nel mio inglese molto improbabile. E anche tante altre volte in seguito ebbi in lui un commentatore sempre benevolo e pieno di comprensione. Con lui perdiamo senza dubbio l’esponente più prestigioso a livello comunicativo, se non proprio di creazione letteraria