Mi ero impegnato a parlare dei due primi della classe che si presentano alla cinquina del Campiello, la Ballestra e Pincio, cui voglio proprio sperare che il voto popolare non faccia mancare il proprio consenso, all’uno o all’altro. Ma la Ballestra si presenta con un ritorno a un personaggio da lei molto amato, Joyce Lussu, e al momento non sono in grado di condurre raffronti per stabilire se in questo ritorno ci siano sensibili novità rispetto a una precedente visitazione che la nostra scrittrice aveva condotto su quella protaginista della storia, MI rivolgo quindi a PIncio e al suo Diario di un’estate marziana, che risulta essere un cintinuo appassionato omaggio alla figura di Ennio Flaiano, in accordo del resto con una tendenza del momento, in molti sembrano essersi accordati per celebrate quell’autore negli ultimi tempi alquanto trascurato. Il bello è che Pincio sembra proprio prendere spunto dalla più celebte battura in cui Flaiano ha espresso tutta la sua ironia e accondiscendenza a favore di una Roma suo territorio d’elezione, da lui vista come una vorace sabbia mobile pronta a inghiottire ogni preda. Si sa che le ausa celebre battuta riguarda proprio il marziano, sceso a Roma, che solo per qualche tempo suscita davvero l’attenzione dei capitolini, che però, ben preparati a tanti eventi, presto lo scordano, Lo stesso capita anche al re d’Egitto Faruk, anche lui prestio dimenticato, Che cosa sarebbe successo se Orson Welles avesse piazzato la sua celebre invasione di alieni proprio per le vie della nostra capitale? Anche quella sua clamorosa trovata sarebbe stata ben prestoi riassorbita? Pincio all’inizio di carriera era stato come un nostro Orson Wslles, con l sue avventure spaziali, o le proposte inverosimili di un hotel a zero stelle dove oltretutto si serve un caffè concettuale, da bere cioè in tazzine del tutto vuote, ricordo della stagione legata all’arte concettuale di cui Pincio è stato per lunghi anni fedele adepto agli ordini di Enzo Sperone, Ma poi deve aver temuto che anche i suoi tentativi di scuotere l’inerzia e il torpore dei Romani cadesseero nel vuoto, e allora si è dato a seguire le mosse appunto di Flaiano, che non si è mai lasciato ingabbiare da nessuna notizia, clamorosa che potesse essere, facendo anzi viva professione di essere un deflattore di eventi presunti clamorosi, pronto cioè a distruggere il preteso fascino ella Dolce vita o dei riti dello Strega, Individuo insomma, fiero della sua solitudine, della sau capacità di sconfiggere ogni notizia, vera o falsa che fosse, e Pincio gli si attacca, ne segue con delizia ogni impresa, proprio per farsi correggere da ogni suo tentativo precedente di comportarsi da piccolo Orson Welles dei nostri tempi. Ne viene un’adesione quasi fanatica a tutto i ghiribizzi di cui Flaiano è stato inesauribile ideatore. Il che mi ha fatto scappare detto l’altra volta che a questo modo egli entra in concorrenza con Francesco Piccolo, anche lui, nei suoi momenti migliori, attento a deridere, a smontare tutti gli eventi provvisti di qualche fascino, come la partecipazione a una sedutta televisiva o una sosta a un casello dell’aitostrada, Una gara, insomma, tra emuli di Flaiano, in cui l’omaggio, meritorio e incodizionato, rischia però di apparire come un tentativo di fare concorrenza, di imparare il mestiere di sbalordire comunque, per tutte le vie e prendendo spunto da ogni possibile circostanza, il che peraltro rende godibile questa prosa, proprio come di un Flaiano redivivo.
Tommaso Pincio, Diario di un’estate marziana, Gulio Perrone Editore, euro 16.