Esiste una specie di proporzionalità inversa, tra Francesco Piccolo e me. Man mano che il suo successo cresce, fino alle proporzioni attuali che lo vedono entrare un po’ dovunque come indispensabile sceneggiatore di film e di spettacoli televisivi, diminuisce il mio consenso, che invece era pieno e cordiale quando lui si presentò ai per me indimenticabili appuntamenti di Reggio Emilia (RicercaRE) degli anni ’90, con quella vicenda minima ma assolutamente esemplare del ragazzino che si chiede perché mai i genitori gli impongano di viaggiare sul lato esterno della strada quando accompagna il fratello minore: è una forma di omaggio, o invece di sottovalutazione a favore dell’altro, considerato persona più importante da proteggere? In seguito Piccolo ha continuato a lungo in questo suo giocare alla morra cinese applicata a tante altre piccole occasioni (“senza importanza”, avrebbe chiosato Tabucchi). Quale mossa fare per sorprendere l’avversario, o comunque per uscir fuori dal seminato delle risposte ovvie e prevedibili? L’ho esaltato tante volte, in queste sue prove un po’ fragili ma deliziose, per cui credo che ora egli mi tenga “in gran dispitto”, o mi dedichi un tradizionale “non ti curar (di lui) ma guarda e passa”. Già in presenza dell’opera del ’14 che pure gli ha dato lo Strega, “Il desiderio di essere come tutti”. ho manifestato qualche dubbio, o meglio ho tentato di riportarlo al suo motivo originale in quanto nella autoconfessione doveva pur ammettere di aver violato un desiderio pur tanto comune, così da essere combattuto tra l’adesione a Craxi, eretica per un qualche esponente, allora, della sinistra, o invece il culto “come tutti” rivolto a osannare Berlinguer. Ora, con “L’animale che mi porto dentro” siamo al medesimo bivio, ma aggravato, dato che l’autore parte dal presupposto che in lui, “come tutti”, almeno del versante maschile, prevalga il motivo dell’aggressione e del dispotismo, ai danni dell’altra metà del sesso, e in effetti queste pagine sono anche un diario dei mille casi in cui il brutale animale maschio dentro all’autore si è manifestato allo scoperto, in modi diretti e senza attenuanti. Ma se si va a leggere da vicino, si scorge che i passi più vivaci e anche divertenti sono quelli in cui in lui rinasce il procedere doppio, con una componente che frena o serve d’impaccio allo spirito bellicoso e aggressivo, quando invece della risolutezza in lui prevalgono l’incertezza, l’impaccio, l’esitazione, il che lo porta a muoversi come un classico “imbranato”. Si hanno così situazioni intrinsecamente comiche, come quella di uscire in tre, e non solo con la fidanzata del momento, o come la gaffe di non saper gestire bene il preservativo e di smarrirlo dentro l’organo della partner, o addirittura di “venire” dentro di lei per fretta incontrollata, indegna di un vero conquistatore. Insomma, invece che trovarci di fronte a tanti trionfi dell’animale che senza dubbio cova in noi, troviamo una serie di insuccessi, di goffaggini, di passi falsi a catena, il che conduce a un esito trionfale quando il nostro amatore si trova a dover fare i conti con una partner diabetica che cade in deliquio, sottoponendolo a una serie di imbarazzanti quesiti: dove trovare lo zucchero necessario per farla uscire dal coma, o come telefonare per chiedere soccorso, avendo il cellulare scarico? Non so se il Piccolo divenuto ormai uno sceneggiatore principe del nostro cinema si sia reso conto di aver costeggiato a questo modo una delle sequenze più forti ed entusiasmanti del capolavoro di Tarantino, “Pulp Fiction”, quando un magnifico Travolta se la cava rianimando la pupa del capo gangster con una puntura avventurosa inflitta in vicinanza del cuore. Quindi, in definitiva, Piccolo stia tranquillo, l’animale che si porta dentro è sempre ostacolato da una inguaribile controtendenza, di impaccio, di debolezza, Ma forse questa mia insistenza a volerlo riportare a un filo conduttore è proprio quanto detesta nei miei presenti interventi su di lui, come si teme un testimone di vecchi tempi che si ritengono ormai superati verso più luminosi traguardi.
Francesco Piccolo, L’animale che mi porto dentro, Einaudi, pp. 228, euro 19,50.