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Picasso settanta anni dalla morte

Picasso e i settanta anni dalla morte

   Sono annunciate grandi mostre per celebrate i settata anni dalla morte di Picasso, qui in Italia al Palazzo Te di Mantova e al Palazzo Reale di Milano, Ma c’è da chiedersi se non era meglio che il pittore catalano fosse morto nel 1930,  cioè  a  una data in cui aveva già dato prova di un fertile polistilismo, ma sempre di grande qualità.. In seguito è stato un sopravvissuto a se stesso, come del resto è capitato a quasi tutti i maestri del primo Novecento, Chagall e Mirò si sono dati a una sorta di stereotipia e moltiplicazione dei loro migliori raggiungimenti, Kandinsky ha tradito il suo espressionismo astratto facendosi irretire nel geometrismo del Bauhaus. Con poche eccezioni, per esempio di Paul Klee, che pur frequentando anche lui Gropius e compagni non ha mai rinunciato a una libera creatività. Da un lato, Picasso ha esasperato questo generale cedimento alla stereotipia dimostrato dai suoi compagni di generazione dandosi a una fatua produzione di disegni e di ceramiche da cui non si sottrae neppure Guernica, come del resto a suo tempo aveva denunciato quel bastian contrario che fu durante tutta la sua carriera, Momi Arcangeli. Forse a differenziare l’eclettismo picassiano durati quasi mezzo scolo ci sta proprio quello suo iniziale, degli anni buoni, per cui l’eclettismo degli ultimi tempi  si raccomanda per un suo oltranzismo e  per una ferocia di risultati, nel segno della gratuità e si potrebbe dire perfino della sbadataggine, come dimostrano proprio i dipinti che vedremo nelle mostre annunciate. In fondo, è vero che egli ha dimostrato qualche grandezza e soprattutto imprevedibilità nei dipinti degli ultimi tempi, anche se non possiamo accoglierli con pina accettazione. Forse meglio i suoi prodotti nella scultura, in cui da quel  suo eclettismo sfacciato era trattenuto dalla durezza dei materiali usati. Spero che proprio questo omaggi postumi ci permettano di riaprire il dossier relativo alla sua grandezza e genialità  portandoci ad ammettere che c’è voluto davvero un secondo Novecento foriero di novità e dio nuovi orizzonti, non annunciati da Picasso.

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