Continuo il mio consenziente periplo attorno a tre romanzi di autrici straniere che mi ha fatto pervenire la casa editrice Guanda. Dopo l’irlandese, incantata e magica, O’ Farrell, e invece la fin troppo positiva e coi piedi per terra statunitense Tyler, ecco ora Petina Gappah, con “Oltre le tenebre”, voce di cui al solito, prima di questo incontro, nulla sapevo, e che del resto conferma il tratto stimolante di non avere proprio nulla a che fare con le compagne di uscita. Questa volta siamo in presenza di una scrittrice africana, originaria dello Zimbabwe, che però ha fatto buoni studi negli USA acculturandosi appieno, ma ora ritorna lealmente a mettere in scena talune protagoniste della sua terra, di ben scarsa acculturazione, anzi, addirittura analfabete, anche perché ci trasferiamo sul finire dell’Ottocento, e c’è pure una trama storica, in quanto siamo condotti alla corte del grande esploratore Livingstone, proteso, come ben sappiamo, alla ansiosa ricerca dell’origine del fiume Nilo. La protagonista che ci parla in prima persona, avvalendosi di testimonianze raccolte con l’aiuto compiacente di qualche scrivano, si dice addetta alla servitù del grand’uomo, che chiama col termine “buana”, riservato proprio ai personaggi provenienti dal nostro Occidente. E l’immedesimazione con i limiti di esperienza e di possibilità linguistica di una semi-schiava dell’epoca è perfetta, simile, per intenderci, a quella stessa che il nostro Verga ha saputo adottare genialmente per parlare dei poveri pescatori di Aci Trezza. Livingstone è agli estremi, e infatti poco dopo muore, causando alla sua fedele servitù il problema di come riuscire a farne rimpatriare la salma. Il primo problema è di trasportare i suoi resti mortali in qualche porto lontano, visto che il luogo del decesso dell’esploratore è ben distante dal mare. Un lato ben riuscito di questo racconto sta nella descrizione delle pratiche bassamente materiali con cui la salma viene trattata, come fosse un capo di selvaggina, da cui eliminare la carne, il lato più deperibile, puntando a una componente residuale e più resistente quali sono le ossa. E’ una bisogna cui la nostra brava serva attende con diligenza, mescolando crudeltà, spietatezza, devozione. Nello stesso tempo il racconto è anche corale. Infatti, quando finalmente i miseri resti del grande Livingstone intraprendono il viaggio periclitante verso la meta lontana, avviene anche un cambio di staffetta, ovvero la domestica che fin lì ci ha parlato trasmette il compito di redigere, bene o male, una cronaca del trasporto funebre a un suo compare, che a prima vista si presenta con un nome perfettamente anglofono, Wainwright, ma è solo una finta, in realtà esso nasconde un altro “primitivo”, al pari della cronista iniziale. In definitiva, si tratta di una convincente e coerente soluzione di una cittadina di un paese africano per rendere un doppio omaggio, alla povera ma onesta limitatezza di lontani compatrioti, però già convinti che dietro la saggezza di”buana” Liivingstone c’era del buono, una meta da rispettare e da raggiungere.
Petina Gappah, Oltre le tenebre, Guanda, pp 347, euro 19