Attualità

Perché non si deve premiare la Ferrante

Roberto Saviano è decisamente diventato un Salvatore della patria, o un Vate al cui confronto impallidiscono i titoli di un suo lontano predecessore quale D’Annunzio, colpevole oltretutto di essere sempre stato in bilico tra destra e sinistra, laddove Saviano esibisce un sinistrismo perfettamente politically correct, con certificati di garanzia che gli giungono da ogni parte.

Questo raddrizzatore dei torti e austero predicatore di ogni causa nobile ora ha speso un po’ del suo prestigio a favore della Ferrante e dell’opportunità che a lei, o lui, venga assegnato il prossimo Premio Strega. Io notoriamente non voto né a quel Premio né ad alcun altro nel continente delle patrie lettere, ma una certa attenzione a questi fatti mi permetto di coltivarla, con un affaccio cartaceo che ottengo sulla rivista “l’Immaginazione”, diretta da Anna Grazia D’Oria, cui va la mia devota gratitudine. In quella sede ho dedicato un risoluto pollice verso alla Ferrante e in particolar modo all’ultima puntata della sua noiosa e sfibrante tetralogia, L’amica geniale, dando invece un mio voto del tutto simbolico ai magnifici racconti, La sposa bianca, di Mauro Covacich, confortato dall’appoggio che questa candidatura riceve da Sandro Veronesi, uno dei nostri migliori narratori di questi ultimi decenni.
Naturalmente, prima di giungere al dunque, e cioè a esprimere un giudizio di valore sull’ultimo compito in classe della Ferrante, Saviano si esibisce in questioni procedurali, subito seguito a ruota da Serena Dandini sul medesimo organo, “La Repubblica”, cui si aggiunge anche, sul “Corriere”, il pensoso Pierlugi Battista. Prima questione: se un autore si nasconde dietro un anonimato cocciutamente preservato, è lecito ammetterlo a un premio con relative regole ben precise? Naturalmente, nulla osta al presentarsi sotto pseudonimo, è avvenuto tante volte e con rappresentanti illustri, che però, in definitiva, non hanno mai nascosto la loro vera identità, di sesso, di condizioni sociali e così via. Dal momento che si è candidati a partecipare a una rassegna di grande importanza, ritengo che sia indispensabile far sapere, magari anche solo a livello notarile con garanzia di segreto, che dietro la propria identità non si nasconda qualche possibile conflitto, maagari proprio con chi presiede all’intera operazione. E poi, se si ambisce al premio in denaro, forse che non è necessario indicare un conto corrente, un codice fiscale?
Ma tralasciamo pure queste questioni marginali, ammettiamo la possibile partecipazione di un autore nascosto sotto nom de plume. Scatta un problema ulteriore, sempre per il nostro Saviano nel suo ruolo di raddrizzare i torti. Siccome la Ferrante pubblica con un piccolo editore, sarebbe l’ora di far cessare allo Strega la dominazione dei grandi editori. Però, ci viene detto, a compiere un passo in questo senso ha già provveduto lo stesso regolamento dello Strega, dotandosi di norme protettive a favore dei “piccoli”.
Ma si sa che quando entrano in ballo questioni di valore letterario, le misure protettive sono sempre meschine e riduttive, in fondo, scorrendo l’elenco degli ultimi vincitori dello Strega, non mi risulta che nessun autore eccellente e degno del massimo riconoscimento sia rimasto escluso in quanto edito da una piccola casa. C’è inoltre una calamitazione reciproca, ovvero, proprio nella misura che uno scrittore si impone con forza propria, è logico che venga preso in una squadra di serie A, o che sia lui stesso a ottenere un simile inserimento.
D’altra parte, la nostra enigmatica Ferrante è una mammoletta, un essere fragile bisognoso di aiuti? Non pare proprio, si esamini il suo abile atteggiamento, di fronte ai vibranti endorsements dei Saviano e compagni, lei non dice né sì né no, facciano gli altri, se lo credono. Però, se si va al retro dei suoi romanzi, vi compare una serie di lodi ricevute dalla più autorevole stampa newyorkese che non le possono essere arrivate addosso senza un’abile azione di ufficio stampa, la Nostra sembra proprio che ci sappia fare, eccome, a tirarsi addosso giudizi positivi e lusinghieri. Se poi si viene all’ultima ratio, io mi sono già espresso altrove, e qui confermo: è una scrittura che scorre via priva di nerbo, di carattere, con una pletora di personaggi che tentano di rimediare col numero a una piattezza di eventi, lo Strega farebbe davvero un pessimo affare a puntare su quest’opera.

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