Attualità

Patrizia Cavalli poesie con fotunati inciampi

Patrizia Cavalli

Ricevo da Einaudi una raccolta di poesie di Patrizia Cavalli. Cosa insolita, perché in genere, data la mia attuale situazione di basa fortuna gli editori si guardano bene dal mandarmi libri, e caso mai sono di narrativa, mio genere preferito,  e non di poesia, in cui mi avventuro più raramente. Ma rispondo alla chiamata, anche se la Cavalli mi appare molto lontana dalle mie scelte in materia  litica, che sono sempre favorevoli a rotture  di passo, a ibridazioni,  a pot pourri sconvolgenti, o addirittura al ricorso alla frantumazione delle parole. Invece  la nostra Cavalli a tutta prima procede a una poesia di impronta gnomica, con tranquille affermazioni, diciamo sull’orma del me non molto amato Saba. Però è anche vero che ci sono note di pericolo, di allarme, come avviene già nel titolo della raccolta. Il mio felice niente, dove la prima parte esprime proprio la tranquillità di chi si affida a dichiarazioni abbastanza  normali e ordinarie, ma subito contrastate da quel  “niente” che inserisce una nota negativa, distruttiva. Anche pizzicando qua e là in questi versi colgo altri di questi positivi scompensi, come per esempio l’accenno a “una mia luminosa scomparsa”, termini tra loro in  provvida collisione, E ancora “adesso vorrei improvvisamente la prigione/, oppure “il ricordo sicuro delle mie antipatie”, il che meriterebbe un’estensione programmatica, ovvero la Cavalli si salva per le sue improvvise antipatie che vengono a contrastare una versificazione altrimenti troppo piatta e pacifica. E  c’è anche l’idea che qualcosa troppo bene incamminato si debba interrompere, “Meglio andarsene a spettacolo iniziato”. Ecco, proprio queste improvvise cesure e battute d’arresto rendono interessante, accettabile un procedere altrimenti troppo pacato  e tranquillo.

Patrizia Cavalli,  Il mio felice niente, Einaudi, pp. 269 euro 14.

Standard