Qualche giorno fa la pagina culturale del “Corriere della sera” ha ospitato una intera pagina elogiativa nei confronti di una recente serie di racconti di Valeria Parrella, “Troppa importanza all’amore”. La cosa è risultata alquanto insolita per varie ragioni, perché a stendere la recensione è stato Francesco Piccolo, non uso a svolgere una funzione critica del genere, ospitato più che altro per referti di vasta portata socio-culturale. E poi, e soprattutto, perché si tratta di autore provvisto, come è noto, di una sottile vena umoristico-paradossale, che sono doti del tutto sconosciute alla Parrella, e dunque, a giustificare quell’approccio così favorevole, non ci sta una vicinanza di poetiche o di stili. Non c’è neppure qualche occasione contingente, come sarebbe il sostegno di una candidatura di questa autrice allo Strega, dato che non è inclusa nella cinquina su cui tra poco si vota. E dunque? Ordine di scuderia, dato che entrambi pubblicano da Einaudi? Ma al di là di queste riflessioni, magari campate nel vuoto, stride proprio il giudizio fornito da Piccolo, del tutto favorevole alla Parrella in quanto autrice di racconti brevi, come sarebbe dimostrato dalla raccolta in questione, il che però non mi pare risponda a un giudizio equo. Al contrario, i successi di questa scrittrice sono scaturiti quando, come ne “Lo spazio bianco”, che resta il suo prodotto più consistente, e “Tempo di imparare”, ha messo al centro delle rispettive vicende alcuni fatti drammatici, nel primo caso il figlio nato prematuro, con l’angosciante veglia della madre per vedere se si riesce a scongiurare il rischio di morte. Nel secondo, sempre una madre angosciata deve fare i conti con un figlio portatore di turbe psichiche. Al di fuori di questi nuclei accentratori, si dispiega invece una trama abbastanza usuale e conforme relativa a una brava insegnante che deve fare i conti coi genitori anziani, e con la propria vita sentimentale, tra mariti in fuga, avventure momentanee, fatti di piccolo cabotaggioa, in un orizzonte che rientra perfettamente in quanto ormai ho l’abitudine di definire un neo-neorealismo, quasi una ripresa dei “Gettoni” di Vittorini e Calvino, ma col rischio di scorrere via troppo conforme e mediocre, senza quelle impennate nella crudeltà e nella violenza di cui invece sono capaci Ammaniti e compagni, ovvero i “cannibali”, l’ondata anni Novanta. Del resto, del rischio che una conduzione troppo normale, affidata a una routine di piccoli accadimenti sentimentali, possa generare noia e indifferenza sembra essere consapevole la Parcella per prima, da cui il titolo di questa raccolta, “Troppa importanza all’amore”, molto simile a un avvertimento rivolto a se stessa. Infatti, se andiamo a vedere questi raccolti, molte volte troppo esili, quasi usciti di fretta dal ventre della loro produttrice, un po’ come era accaduto al feto del primo e migliore successo, i più deludenti, e assolutamente non meritevoli degli elogi ricevuti da Piccolo, sono quelli dove una protagonista ci fa la cronaca dei propri incontri sentimentali, vedi il primo della serie, “Il giorno dopo la festa”. Mentre la Nostra ritrova forza, vigore, accenti drammatici quando al centro di tutto riesce a mettere qualche fatto grosso, che però meriterebbe un più ampio svolgimento, quale appunto è riuscita a dare nei due romanzi veri e propri. Il capolavoro di questa raccolta è il secondo dei racconti, “Gli esposti”, dove si parla di un convento di clausura cui giunge una povera figlia della strada, ormai prossima al parto. Le sorelle la compatiscono, le si stringono attorno, la assistono nel parto, e poi prendono cura del neonato, nonostante le difficoltà che incontrano, anche perché la madre, povera creatura spaventata, fugge via per non pagar dazio. In fondo, è davvero come se avesse “esposto” il suo parto, o lo avesse gettato in un cassonetto. Notevole il finale, che vede la badessa farsi carico del figlio, ostentarlo al cospetto di un vescovo sbalordito, dichiararlo frutto della propria carne. E si salva anche “Behave”, ma perché di nuovo siamo in presenza di un ragazzo portatore di handicap, con relative preoccupazioni dei genitori. Mentre ricade nella routine della vita di coppia, come si svolge al giorno d’oggi, tra divorzi, tradimenti, relazioni palesi o occulte, il penultimo di questi abbozzi, eponimo dell’intera raccolta, che dunque consiglierebbe ancora una volta a non dare troppa importanza all’amore se non fosse che uno dei protagonisti di questa un po’ insulsa (il titolo è giusto) catena dell’amore muore all’improvviso provocando qualche sconvolgimento. In ogni caso, la Parrella dovrebbe lavorare un po’ di più i suoi prodotti, prima di portarli alla luce. E dunque male ha fatto Piccolo a darle una troppo convinta promozione.
Valeria Parrella, Troppa importanza all’amore, Einaudi, pp. 111, euro 14.