Oggettistica
Se si vuole trovare un autore che ha consacrato RicercaBO nelle sue ormai numerose manifestazioni, accanto ad altri non esiterei a indicare Marco Giovenale, con la sua perfetta equidistanza tra prosa e poesia, fino quasi a costituire uno dei principali titoli di merito di questa serie. Diversamente dalla antecedente serie di Reggio Emilia, direi che in queste agili pagine di Oggettistica Giovenale ci dà una quintessenza del nuovo procedere. Potrei ricordare in merito un gioco infantile, che dalle mie parti chiamava la luna, e consisteva nel saltellare in un reticolo evitando con cura di toccare le linee separatorie di un settore dall’altro. Allo stesso modo Giovenale evita con cura tutto quanto rischierebbe di ricadere nell’ambito della poesia, da lui considerato troppo vile, tropo banale, da lasciare nelle mani di praticanti ottusi e risaputi. Ma nello stesso tempo pure un esito prosastico, o diciamo pure di prosa nel pieno senso della parola gli sembrerebbe inadeguato, non meritevole di essere coltivato, da lasciare quindi anch’esso a cultori più ovvi. Dopo tutto io stesso quando mi sono avventurato nei territori di una pseudo-poesia, l’ho fatto coltivando degli spazio tali da sfuggire a ogni aspetto tradizionale. Non so se qualcuno ricorda il mio Viaggio al termine della parola, dove insistevamo sull’obbligo di frantumare i vocaboli fissati nel dizionario e di comporre nuovi aggregati, secondo l’esempio fornito dl joyciano Finnegans Walke. Ma non è questa la via adottata da Giovenale, se prendiamo le parole di cui sono fatti i brani di questa raccolta li troviamo tutti regolari, registrati da qualsiasi vocabolario, Scatta allora un altro meccanismo, quello surrealista del ”cadavere squisito”, quel gioco di società praticato da Breton e compagni, che consisteva nello scrivere una frase, per poi nasconderla, invitando un compagno accanto a scrivere qualcos’altro ma in totale ignoranza di quanto scritto prima. Alla fine si srotolava il foglio e si rideva per il carattere casuale che ne era derivato. Al termki ne di quell’’impresa risultò appunto uno slogan di massima incongruenza, il “cadavere squisito”. Ebbene, il nostro Giovenale di cadaveri squisiti ne semina a piene mani. Anche questo è un modo per dare scacco matto alla prevedibilità, per praticar in misura eccessiva mecca certi meccanismi “altri” pur in apparenza quasi del tutto normali.
Marco Giovenale, Oggettistica, Tic editore, pp. 185.