Liebermann
Leggo che la Casa di Goethe, a Roma, dedica molto opportunamente una mostra a Max Liebermann. La cosa mi ricorda una mia stagione, circa all’inizio di questo scolo, quando ero impegnato nel sostenere la tesi che in Occidente ogni movimento avesse avuto senza dubbio un punto focale, ma con diffusione ovunque. E dunque anche l’Impressionismo, anche se senza dubbio col suo centro in Francia, aveva avuto importanti diramazioni anche in altri Paesi. Sono arrivato addirittura a sostenere che il miglior impressionista in assoluto fosse stato lo statunitense Winslow Homer, piuttosto che il solito Monet. E dunque c’era posto anche per il tedesco Max Liebermann, del resto nato appena sette anni dopo Monet (1847- 1935). Questa mostra, ricca di 32 opere, gli rende giustizia, dimostrando come egli sapesse affrontare i vari generi legati a una qualche nozione di impressionismo, scene di massa, pranzi sommari all’aperto, o visioni di natura, il tutto con qualche asprezza e durezza, ma sempre con una buina immersione atmosferica. In proposito ricordo che mi aveva sollecitato una mostra concepita addirittura dal Musée d’Orsay, anche se in realtà dirottata nella sede considerata minore del Musée de l’Orangérie, col titolo “Les Macchiaioli. Impressionistes français?”. Io ero accorso a sostenere questa equiparazione, Insistendo su una linea di discrimine, attorno al 1835, prima erano nati Fattori e Lega, come anche Manet e Degas, dopo erano venuti gli Impressionisti veri e propri di cui un buon camione era stato il nostro Signorini. E poi, con qualche ritardo, proprio Liebermann.
Roma, Casa di Goethe, dal 19-9.