Mantova non ha atteso di essere proclamata nell’anno in corso Capitale italiana della cultura, ma già da quattro anni propone un Parco dell’arte, ovvero una serie di installazioni nel fitto bosco posto sulle sponde del Lago di Mezzo, a diretto riscontro con il Palazzo Ducale. Si tratta insomma di un parco di sculture all’aperto, uno dei migliori nel panorama nostrano, caratterizzato dal fatto di puntare ogni volta su presenze giovani, non particolarmente titolate, che però si esprimono in modi ingegnosi e originali rimediando con la forza inventiva alla scarsità di risorse che l’organizzazione può mettere a loro disposizione. Presiedono a questa impresa varie autorità del territorio e delle istituzioni locali che entrano anche nella giuria. Ne elenco i nomi: Bruno Agosti, Giampaolo Benedini, Pietro Ferrazzi, Anzio Negrini, Maurizio Pellizer, ma va soprattutto menzionata Manuera Zanelli, critico del luogo che mette tutto il suo impegno a rendere possibile questa avventura. Le personalità sopra elencate, con l’aggiunta dello scrivente, procedono ogni anno alla selezione dei progetti concorrenti e infine alla premiazione del vincitore. Quest’anno sono giunti al traguardo soprattutto due lavori, che si sono segnalati per la semplicità di mezzi cui hanno fatto ricorso. Infatti in questo caso più che mai sembra funzionare il vecchio detto del Movimento moderno, “less is more”, non bisogna perdersi in troppi dettagli ma mirare al sodo. Così per esempio l’arch. Uboldi ha installato, in una radura, una serie di porte-finestre, semiaperte, a invitare all’ingresso qualche passante, e magari a imprigionarlo, in una stanza che nottetempo potrebbe prestarsi a rischi e torture, come in un film dello horror. Ma gli è stata preferita, e quindi dichiarata vincitrice, un’opera ancora più essenziale, a firma del Gruppo Magma diretto da Marco Roggeri, nulla più che una superficie riflettente, uno specchio inserito in un tappeto prativo, dove è la natura stessa a specchiarsi, ripetendo il tipico gesto di Narciso, innamorato della propria immagine.
Mentre si procedeva alla visita delle installazioni e alla conseguente premiazione, si è sparsa una notizia straordinaria, che potrebbe dare adito a una “mania” sul tipo di quella già in atto a Roma attorno al grande murale di Kentridge, e che tra poco divamperà per le passerelle insediate da Christo a raggiungere l’isoletta al centro del Lago d’Iseo. Ebbene, il Comune della città dei Gonzaga ha dato incarico a una archistar di progettare quattro piattaforme, come estesi fiori di loto, che saranno posti a galleggiare nel Lago Inferiore, anche in questo caso raggiungibili da parte di volonterosi visitatori. Iniziativa magnifica, che si spera venga collegata in un percorso continuo anche in direzione delle ormai più di venti installazioni disseminate nella contigua area posta sulle sponde del Lago di Mezzo.
Ma “Mantova creativa” non si è limitata a ripetere questo suo ormai solito exploit, e sempre sotto la guida instancabile della Zanelli ha pure occupato due torri, dette degli Zuccaro e di Sant’Alò, che oltretutto hanno fatto scoprire allo scrivente quanto la città dei Gonzaga meriti di essere detta “turrita”, non meno di Bologna. In questi rudi ambienti è penetrato in punta di piedi un artista fiorentino di ampia fama e frequentazioni internazionali, Fabrizio Corneli, portandovi i suoi leggeri apparati di “high tech”, come fantasmi evanescenti, in contrasto con le fosche mura ospitanti. Nella seconda di quelle torri, avvalendosi di un manto di led, ha inserito un meccanismo che con ritmo periodico si allarga, si gonfia, si sgonfia, ma sempre nel rispetto di una levità degna di una enorme bolla di sapone. Nell’altra torre, contro sfondi monocromi, l’artista ha nebulizzato una scia delicata di effetti luminosi, aerei, imprendibili. Insomma, un’abile associazione tra Op Art rediviva e ausili forniti dalla attuale tecnologia più avanzata.
Ma non è tutto, in una piazza del Castello ha agito pure Marco Tonelli, a suo tempo eccellente assessore alla cultura del Comune, poi licenziato, con incitamento indiretto a farsi curatore di eventi in proprio. Attraverso di lui, così, Mantova creativa rende omaggio allo scultore Hidetoshi Nagasawa, sempre memore delle sue origini estremo-orientali, che però da lungo temo ha portato a interferire con una tradizione occidentale, esperita a Milano, quasi di specie minimalista, e dunque, si dovrebbe far risuonare ancora una volta l’aureo detto secondo cui “less is more”. Non manca però una qualche contraddizione tra il tema di quest’opera, “Vortice”, e il mezzo esecutivo, affidato a lamiere che bloccano un po’ troppo l’immagine, quasi facendone, per valerci del titolo di un romanzo steso da Sandro Veronesi, una sorta di “Caos calmo”, forse un po’ troppo.