Devo delle scuse al nostro presidente Mattarella in quanto nel domenicale di ieri, 27 maggio 2018, lo accusavo di aver lasciato troppa corda all’orrido duo Di Maio-Santini, senza interromperne lo sutpido balletto parecchi giorni prima, quando per merito di Renzi il Pd aveva chiuso la porta in faccia ai Pentastellati, e anche Salvini era in fase di rientro nel gruppo di centro destra, tanto da meritarsi le contumelie dell’allora avversario, poi divenuto impensato alleato. Quello era il momento in cui Mattarella avrebbe dovuto dichiarare chiusi i giochi passando senz’altro a fare un proprio governo, magari consultando già in merito Contarelli e ottenendo un suo assenso, il che spiega come ieri sera, a pochi minuti dalla chiusura della partita giallo-verde, ha potuto subito procedere a dare un incarico alla persona di fiducia. Del resto non sono stato certo l’unico a lamentare l’eccesso di corda dato dal Presidente in attesa di vedere nascere lo strano parto, e in qualche misura ha riconosciuto lui stesso, nella ben motivata diagnosi emessa ieri sera, di essere stato fin troppo tollerante. Ma si è riscattato infine per la fermezza con cui ha posto il suo veto alla nomina di Savona, per le minacce insite in quel nome alla stabilità della nostra economia. Lo sguardo si riporta allora su Salvini, fino a chiedeci quale partita abbia giocato davvero, tra l’opportunità di rifugiarsi nel blocco di centro-destra, che non gli ha mai lesinato il conferimento di una leadership, e invece la tentazione di andarsene allo scomodo matrimonio con Di Maio, su basi di inferiorità. Chi dei due aveva più bisogno dell’altro, era proprio il leader pentastellato, alle cui spalle diversamente si apriva il baratro, mentre Salvini è come un ciclista che fa una sortita fuori dal gruppo, ma poi, se gli va male, si lascia riassorbire e non perde nulla. In molti sono pronti ad affermare che Salvini, ieri, aveva finito di sfogliare la margherita, decidendo in extremis di mandare tutto all’aria, attaccandosi a un preteso, il non poter rinunciare a Savona, mente bastava sostituirlo con un nome di pieno gradimento come Giorgetti, e tutto sarebbe andato a posto, stamane il Michele selvaggio avrebbe potuto presentarsi al Viminale per darsi subito alla caccia alle streghe, cioè ai poveri immigrati che, secondo un suo stupido sospetto, proprio in queste ore sarebbero stati avviati in gran numero verso le nostre sponde proprio per dargli fastidio.
E adesso, poveri Italiani? Scatta l’ipotesi che fin dall’inizio è stata la più credibile, che cioè si vada a nuove elezioni, il che non è un trauma, ma cosa pienamente lecita in ogni regime democratico. Non ci sarà modo di cambiare la legge elettorale, ma questa, contrariamente alle balorde accuse, è quanto di meglio ci possa essere almeno nel senso che corregge in parte i difetti di un proporzionale puro, e Salvini lo sa bene, infatti proprio col fatto di essersi coalizzato con FdI e FI poteva aspirare alla presidenza del consiglio. Se non sbaglio, l’attuale legge prevede anche un premio di maggioranza per il partito o la coalizione che superino il 40%, ebbene, proprio il blocco di centro-destra è appena a un passo da quella soglia, basta un po’ di crescita della Lega per raggiungerla e varcarla. Se invece Salvini si presenta da solo al nuovo appuntamento elettorale, certamente strapperà un esito vicino al 30%, il che però non gli sarà sufficiente per aspirare alla premiership. Tenterà di mettersi di nuovo con il M5S, che a sua volta non potrà andare al di là del 32% già conseguito? Rinascerebbero le difficoltà già incontrate in questi giorni, e si può proprio dire che “repetita non iuvant”. Dunque, l’ipotesi più ottimista è che alle prossime elezioni venga il fronte di centro-destra ritornato compatto per ragioni di convenienza, ma così il nostro Paese eviterà la iattura dell’unione insopportabile di due populismi sfrenati, inoltre ci sarebbe un Berlusconi in vena di saggezza senile a contemperare gli ardori selvaggi del suo socio, a far rinsavire il Salvini furioso. Per il mio Pd, al momento, nulla da fare, ma il coro unanime delle varie anime del partito in difesa di Mattarella e a condanna dei Pentastellati dovrebbe far riconoscere la saggezza con cui Renzi aveva fermamente proclamato che quel matrimonio non s’aveva da fare. Ritorneranno per noi, e per tutta la socialdemocrazia in Europa, tempi migliori.