Attualmente la nostra narrativa è ostruita dal predominare di due filoni, il giallismo, dove è difficile stabilire se gli autori del cartaceo siano a rimorchio dei prodotti video o viceversa; e in alternativa assistiamo a un dilagare di autonarrazioni, di autobiografie più o meno trasposte, a mascherare una mancanza di capacità inventive. Forse il meglio ora è dato da agili formazioni intermedie tra prosa e poesia, approdanti alla ben nota misura del poemetto in prosa, anche senza dover invocare la formula estrema, ironica, consapevole del proprio estremismo, che Govenale e compagni hanno definito della prosa in prosa. Proprio su queste pagine ho lodato poco fa una serie bis di “Nughette” stese da Leonardo Canella, un corsaro libero che colpisce dalla periferia, con celeri incursioni, ritraendo subito la mano che ha scagliato i suoi dardi aguzzi. Gli può essere affiancato un personaggio ben più autorevole e centrale, Andrea Bajani, di cui ho avuto l’occasione di lodare la sua precedente “La vita non è in ordine alfabetico”, dove già si affidava al caso mediante una astuta formula di un docente illuminato, che invitava i suoi allievi a estrarre una lettera e a farne il fulcro di un racconto. Ora è come se Bajani avesse saltato una inutile cornice agendo direttamente, in proprio, e con un titolo scoperto “Promemoria”, divenendo lui stesso lo sfruttatore di tante “occasioni”, magari in accezione montaliana, o si potrebbe parlare anche delle epifanie joyciane, o con riferimento all’attuale civiltà elettronica potremmo anche riferirci ai twit. Si tratta infatti invariabilmente di brevi componimenti, anche se la misura non ne è fissa e stabile, l’autore procede “secondo quantità”, o “quanto basta”, per valerci di espressioni che compaiono in quei fogli di uso spicciolo che sono i menu dei ristoranti, o i ricettari di cucina. Potrei trasferire a Bajani tutte le consonanze di genere, anche nobilmente letterario, che già ho affibbiato alla produzione degli haiku di Canella. Si possono ricordare gli inviti a cena stesi da Orazio, o addirittura gli straordinari poemetti in prosa che Mallarmé ha composto in gran numero per convocare gli amici, letterati e artisti, a pranzi, merende, altri incontri conviviali. In un mio saggio di prossima uscita presso Mursia, “Il Simboilismo nella letteratura europea dell’Ottocento”, ho un capitolo dedicato al grande poeta francese in cui oso dire che forse il meglio della sua produzione sta proprio in questa ampia serie di documenti in apparenza “minori” e marginali. La virtù principale di questo vero e proprio genere sta nel saper mescolare sapientemente qualche tono elevato, sentenzioso, a immediate cadute nel prosaico più vile e banale. Non c’è bisogno di guardare lontano, basta analizzare il poemetto in prosa, lo haiku, o diciamo pure la nughetta stampata sulla copertina di questo aureo libretto, dove si parte con l’eterna questione di un amore da ritrovare, il che significa, appunto in accezione volgare, che la partner ce lo debba restituire “riparato”, come si farebbe per qualsiasi utensile domestico. Seguono di nuovo consigli di bassa routine, come l’invito a “non dimenticarla accesa”, quella fiamma ritrovata, equiparata alla luce emessa da una lampadina. Si sa che è utile spegnere una lampadina perché non si consumi troppo, e anche “per non farla fulminare”, con il consiglio aggiunto di “non guardarla fissa”. Delizioso è il gioco di sponda tra la futilità di certe circostanze materiali e invece le implicazioni d’ordine psicologico. E così via, ognuno di questi twit o haiku o nughette ci consegna una sfilza di note di tranquilla navigazione quotidiana, ma con improvvisi sussulti emotivi. Ognuno di noi tiene in casa una “lavagnetta”, o uno scartafaccio, in cui segna le incombenze della giornata cui adempiere: “sale grosso multa carta da regalo”. Una tranquilla routine, però rialzata da un sussulto finale: “andare Verano per la cremazione” dove la piccola navigazione quotidiana va a toccare una sfera di sentimenti, preferendo però non renderli espliciti. In conclusione, potrà essere questa via di “fare piccolo” una possibilità di salvezza per la narrativa dei nostri giorni?
Andrea Bajani, Promemoria, Einaudi, pp. 62, euro 10.