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La Strangera

La strangera

   Per coprire questa zona del mio blog ricorro ai “più letti” come vengono suggeriti nelle graduatore delle pagine di cultu, tra questi c’è pure Marta Aidala con la sua Strangera, romanzo inziale di una giovane di soli 28 anni. Il tutolo a dire il vero consacra soltanto uno stato di estraneità alla vita di alta montagna di una ragazza che viene dalla città, ma poi si abitua così’ bene alla vita di montagna che, se ritorna nella sua Torino, soffre  di “male di città”, mentre non è affetta certo da male di montagna, anzi si abitua benissimo a una vita rude e primitiva,  a contatto con la natura più selvaggia. Nel prologo c’è addirittura uno di questi personaggi crudeli, quasi bestiali che immerge la mano nelle viscere di una vitella pregna per strapparle il nascituro. La “strangera”, semmai, si impegna  a tutelare i gattini, mettendoli in salvo perché non finisca preda di lupi o di altri animali carnivori. Accanto a lei c’è un mentore, il Barba,  brutale nel pretendere che tutto funzioni a dovere, ma non privo di umanità, così da trattare la neofita il lusco e il brusco. La vita è dura  in quel rifugio di alta montagna, dove bisogna alzarsi all’alba per preparare i pasti e le vè bevute per una clientela esigente  e intollerante, che non dà tregua, schiava dei propri bisogni corporali, Questi trionfano ad ogni passo, in una antropologia elementare, di grado zero, che però non è ricavata andando indietro nel tempo, Siamo in un oggi in cui esistono telefoni e computer e scavatrici capaci anche di innevare le pendici dei monti, o al contrario di scavare percorsi di accesso. E’ insomma un perfetto quadro di antropologia primaria, ma sresa ai nostri tempi, tanto che a poco a poco la Strangera non è più tale, anzi appare pienamente adattata a quella vita primitiva, fino al punto da farsi tutrice anche dei diritti delle donne, fino a chiedersi perché i monti in genere abbiano un nome maschile e non anche femminile.

Marta Aidala, La strangera, Guanda, pp. 330, euro 18.

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