Ricevo e recensisco ben volentieri Stralunatidi Andrea Inglese, a cui vorrei rivolgere un unico rimprovero. Infatti adottare il termine di “stralunati” mi pare insufficiente, per queste prose, cui converrebbe assai meglio il titolo di “indemoniati”. come del resto è chiaro dal brano riportato in copertina, dove l’autore dichiara il suo istinto irrefrenabile di tirare calci, cioè di andare sempre contro ogni ordine costituito, a cominciare da quello della narrazione ben fatta, con tanto di trama e conclusione adeguata. In fondo, uno dei brani più significativi sta nella ricerca di una professione pratica, dove il protagonista viene assunto purché non faccia nulla, si astenga da qualsiasi atto pratico. Per questa via si capisce come il nostro Inglese abbia potuto essere un membro della squadra cui si deve l’impresa della Prosa in prosa, cui ho aderito, ma più per dovere di firma, per aderenza al mio compito di sostenitore a oltranza di ogni sperimentalismo. Si sa che questa squadra, guidata da Marco Giovenale, simula di conformarsi alle buone regole del racconto, salvo poi a interromperlo a metà strada, portando la trana a dileguarsi nel nulla. Il nostro Inglese rispetta fino in fondo questa regola, ma in modo attivo, scalciando via con atto risoluto ogni possibile accomodamento o rientro in carreggiata, e il calcio assestato negli stinchi del lettore è un ottimo esempio di questa procedura, diciamo pure, di un Cecco Angiolieri dei nostri giorni. A posteriori capisco anche come mai Inglese abbia fiancheggiato un autore a me caro quale Leo Canella e le sue Nughette, nel nome di prose leggere, in apparenza inconsistenti, pronte a perdersi nel nulla, come bolle d’aria, o rigagnoli che si disperdono nel terreno. Solo che Canella, al confronto, è un praticante di buonismo, le sue Nughette si pongono nel segno di una adesione ai piaceri della vita, seppure inseguiti ai margini, fuori quadro. Invece più risoluta o massimalista è la spinta negativa del Nostro. Basti vedere come, in una di queste prose, si pone alla difesa a oltranza di Caino, quasi inverando il detto proverbiale “nessuno tocchi Caino”. Il quale è vittima del fratello, personaggio subdolo, ipocrita, che non perde occasione per metterlo in cattiva luce, con l’aiuto della famiglia, e in partcolare di uno Zio, Dio, maestro di malizie e di nequizie. Noi alla fine parteggiamo per Caino, fino a ritenere legittimo il suo gesto di protesta, l’uccisione del congiunto, così perfido pur sotto un velo di perbenismo. In fondo, anche da parte di Caino, altro non è che un adeguarsi a questa strategia del tirare calci contro ogni perbenismo.
Andrea Inglese, Stralunati, Italo Svevo, pp. 116, euro 16.