Non vorrei insistere a proporre i mei slogan, del resto destinati a cadere nel vuoto, sul tipo delle invettive contro i virologi, o nuovi monatti, raccolti all’insegna del motto “finché c’è contagio c’è speranza”, con la relativa inversione “Finché c’è Speranza (ministro) c’è contagio”. Mi limiterò a tornare alla carica sulla questione della riapertura delle scuole, in presenza degli allievi e ponendo fine alla didattica on line. C’è un solo modo per rendere possibile questa da tanti invocata ripresa di normalità, un ricorso sistematico al termo scanner, ovviamente da non lasciare alle famiglie, che potrebbero ciurlare per il manico, lasciar uscire anche figli in stato febbrile, magari solo per ignoranza, o impossibilità di procurarsi quello strumento, di cui ignoro il grado di accessibilità e di costo. Questa misurazione deve essere effettuata all’ingresso di ogni istituto, con l’esito che ben si sa, se un alunno o un docente ha una temperatura superiore ai 37,5, non entra, altrimenti può avere libero accesso, sospendendo il criterio insostenibile della distanziazione. Ovvero, si potrà sedere accanto a un compagno o compagna anche sullo stesso banco. La pretesa di mantenere tra gli scolari la distanza di almeno un metro è impraticabile, magari si possono anche moltiplicare le sedi delle lezioni o i banchi su cui sedersi. Ma il fattore che non si può moltiplicare a piacimento, è quello deg.li insegnanti. Se una classe fatta in media di venti o trenta allievi deve essere divisa in due, ciò significa che pure gli insegnanti devono essere raddoppiati, ma dove trovarli? Queste sono le forche caudine che la pessima ministra Azzolina, e i monatti di non so quale comitato tecnico, presieduto dall’involuto e contorto presidente Arcuri, degno delle beffe di Crozza e di ogni comico che si rispetti, dovrebbero affrontare