Mi piace giocare d’anticipo e tentare di prevedere, il giorno seguente, che cosa potrebbe accadere dopo il rovinoso esito del referendum, che ha riempito di dolore e angoscia ogni sostenitore, come lo scrivente, del fronte del sì. Vediamo.
– Senza dubbio Renzi si deve dimettere da premier, ma ritengo che la scelta del successore, da parte di un Mattarella memore dell’aiuto da lui ricevuto nella scalata al colle, non possa cadere su persone a lui avverse. Penso quindi che egli si debba rivolgere a una terna di fedeli al renzismo, che del resto trovo già largamente menzionati: Padovan, Franceschini, Del Rio, con opzione tra l’uno o l’altro abbastanza indifferente.
– Quale formula di governo? A questo proposito si deve ricorrere al gioco dell’oca, ovvero tornare alla casella di partenza, quando era nata una “grosse koalition” all’italiana, ovvero il patto del Nazzareno, geniale intuizione di Matteo. Ricordiamo che quell’accordo, obbligato, privo di soluzioni alternative, è stato infranto da uno dei due sottoscrittori, da Berlusconi, che aveva preteso che in esso fosse inclusa anche una clausola di salvaguardia per lui dai rigori del fisco, e pure un ulteriore tacito accordo nel reperimento del candidato al Colle. Renzi ha dimostrato che non aveva affatto siglato questi pretesi codicilli segreti, ha lasciato che Berlusconi venisse condannato, eludendo anche le sue preferenze per il Quirinale. Da qui l’ira di Achille, ovvero l’uscita del leader di FI dal governo, salvato da frange minoritarie, come Alfano, Verdini and company, che però non hanno nessuna ragione di sottrarsi all’intesa con il PD e altri centristi, potendo anzi costituire un opportuno ponte per un ricongiungimento a destra;
– Berlusconi ha tutto l’interesse di smarcarsi da Salvini, abbraccio mortale, e pure di delegittimare, dal primo all’ultimo, i suoi pretesi eredi, e allora quale soluzione migliore del rimettersi in squadra con l’avversario, per riprendere una leadership gestita in proprio, seppure a mezzadria con gli esponenti del fronte opposto, che però sarebbero pur sempre nell’orbita del renzismo?
– A questo “embrassons nous” non ci sono alternative, si sa bene che la vittoria della sinistra interna al PD, di Bersani e compagni, è del tutto sterile, nessuno li potrebbe candidare a un governo spostato a sinistra, ritornerebbe a galla la vecchia ipotesi di un accordo coi Grillini, ma Bersani ha già constatato sulla propria pelle come sia uscito sbeffeggiato e disilluso da un tentativo del genere. I Cinquestellati, nel loro stolto orgoglio e presunzione, non sono disponibili a nessuna alleanza, attendono, speriamo all’infinto, l’arrivo di Godot, auguriamoci che prima siano colpiti da dissoluzione e scomparsa. Lo stesso si dica, all’altro estremo, di Salvini e Meloni. Insomma, non c’è altra via che una riedizione, riveduta e corretta, del patto del Nazzareno, con l’incarico urgente di procedere a rabberciare una legge elettorale. Tra poco una Corte costituzionale vile e rinunciataria oserà dire che l’Italicum non è valido, senza aprire alcuna strada alla soluzione del problema.
– Tornando alla formula dell’”uno contro tutti”, ovvero di un progetto sensato e razionale sottoposto agli attacchi di una accozzaglia disorganica, questa è una formula che non funziona, lo dobbiamo ammettere, ma si noti che qualche volta una simile procedura può anche fare il gioco della causa della democrazia. Così è stato in Austria, in Spagna, così assai probabilmente sarà in Francia, dove la Le Pen si deve scordare di andare al governo, l’”accozzaglia” di destre e sinistre, ma per fortuna nel solco degli antichi valori della democrazia, le sbarrerà la strada, come succederebbe anche da noi se a tentare fossero Pentastellati e Leghisti. Insomma, in Occidente ci sono ancora margini per pronunciare contro le forze della reazione, un risoluto “no pasaran”.