Letteratura

I validi disequilibri di Maurizia Torza

Ho avuto un lungo rapporto con Maurizia Torza, dapprima come mia alleva all’università, poi da me sottoposta a una specie di noiosa corvé, come quella di schedare i libri che mi giungevano in dono. Infine aveva preso la buona abitudine di chiamarmi a tenere conferenze al Liceo Ariosto di Ferrara, sua residenza. Tutto questo per dire che quando mi ha rivelato l’intenzione di darsi alla scrittura, e più precisamente alla narrativa, ho fatto dentro di me un “gulp” chiedendomi se era possibile sottrarmi all’obbligo di riservarle qualche apprezzamento, ma tenendo di essere in presenza di un’autrice capace solo di bozzetti di viaggio, di prose liriche. E invece, per sua e mia fortuna, Maurizia è venuta crescendo, e ora questi suoi Disequilibri stabili hanno una loro forza, una decisa autonomia. Credo che la carta vincente di Maurizia consista nel sottrarsi a una specie di narrazione continua, come fanno tante sue colleghe, che a quel modo si trascinano dietro un carico di sciagure o di eventi in genere troppo rassomiglianti tra loro e tutti abbastanza prevedibili, suicidi di familiari, invecchiamento fino alla morte di genitori, decisione di intraprendere la carriera negli show televisivi, canori e altro. Maurizia taglia tutto questo, viene al sodo, concentrandosi su pochi legami essenziali, con perone dell’altro sesso con cui non è per nulla facile stabilire buoni rapporti, anzi, il titolo della raccolta la dice lunga, si tratta di “disequilibri”, di incontri mal assortiti, con qualche maschio che pretende di condurre i giochi senza alcun rispetto per la compagna, senza che questa riesca a sottrarsi a quella commedia degli equivoci, ovvero, come dice molto bene il titolo globale, i disequilibri sono stabili, la vittima, come incantata dallo sguardo di un serpente, non osa sottrarsi all’infausta dominazione del partner, ancorché provvisorio, ne ammette gli effetti da cui non riesce a prescindere. Oggi si dà una curiosa affinità di casi, infatti questi maschi che magari vestono alla moda e che si danno un contegno pieno di sussiego mi fanno venire in mente le figure agili e sottili che sapeva tracciare l’artista Tadini, cui ho dedicato un ricordo nella pagina d’arte del mio blog. Maurizia, nell’impostare questi rapporti col maschio dominatore, dà sfoggio di una piena e matura conoscenza psicologica, aiutata del resto dal fatto di poter troncare al momento buono, senza dover concludere il senso, il punto d’arrivo di questi incontri-scontri che si svolgono quasi sempre nel segno di una inferiorità, di una sconfitta da parte della donna, troppo pronta a concedere credito al maschio ingannatore. Naturalmente c’è dell’altro, in queste pagine di diario, ci sono le visite al supermercato, luoghi d’origine di altri rapporti di subordinazione, di perdita d’autorità. E ci sono anche le consultazioni di raccolte di foto, ma anche la via dei ricordi non dà mai luogo a un’elegia tenera e sdolcinata. C’è come una rete di protezione, o un ostacolo di filo spinato che difende queste memorie, dando loro, come dice il titolo felice, un senso di disequilibrio, che è la ragion d’essere di tutta questa modalità di raccontare, per capitoletti, che sono come i grani di un rosario, di una via crucis tormentosa e senza riscatto.

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