I Preraffaelliti
La mostra del giorno è senza dubbio quella che il San Domenico di Forlì dedica ai Preraffaelliti, Purtroppo io non sono piùin grado di andare in loco a visitare la mostra e per il mio attuale basso stato di fortuna non ricevo neanche i cataloghi delle mostre, oppure mi arrivano con grande ritardo, ma suppongo che ancora una volta l’esposizione di Forlì soffra per l’eccesso di spazio di cui quella sede dispone. Non so se viene utilizzata la navata della chiesa, ma di sicuro ci sono stanze adiacenti, altane, lunghi corridoi con un su e giù faticoso e sale da raggiugere a fatica, il che suggerisce agli organizzatori di offrire delle abbuffate gigantesche spaziando nella ricerca dei precedenti e di effetti conseguenti che si spingono magari fino ai nostri giorni. Fra l’altro, non avendo i saggi che accompagnano la mostra, non so se in essi traspaia la conoscenza di quanto era già stato d fatto in precedenza in quella stessa direzione, per esempio dai Nazareni tedeschi col seguito dei nostri Puristi. Il che però conferma quanto fosse ormai presente l’idea di dover fare un passo indietro nella storia. Certo è merito del nostro Dante Gabriel Rossetti, nato da un padre italiano, carbonaro in fuga dai moti del ’21, in compagni dI Everett Millais e di Holman Hunt assieme ad altri colleghi, di unirsi in una brotherhood, in un’Inghilterra conservatrice e tradizionalista, di stampo vittoriano. Ma non è che i nostri promotori rimanessero sempre coerenti rispetto all’impulso originario. Rosetti lo fu soprattutto nei primi lavori, in cui raffigurava una povera bottega di falegname in cui Maria e Gesù passarono in effetti i loro primi anni, ma poi, come è noto, fu attratto dal fascino di donne fatali nelle cui chiome quasi si lasciava inghiottire, iniziando anche il ricorso al laudano e ad altre droghe, e così aprendo la strada la strada a una fine-secolo, di cui però non adottava l’ideale di una magrezza costitutiva, insistendo in una smodata opulenza. Millais rifluiva in sostanza in un realismo minuzioso e ben condotto, Hunt si salvava con le sue peregrinazioni nei Paesi d’origine del Cristianesimo e coltivando un iperrealismo agguerrito. In definitiva, il migliore tra loro fu anche l’ultimo arrivato, e più giovane Edward Burne-Jones, che non fece a tempo a entrare nella confraternita, ma che delineò figure di giusta magrezza ed eleganza, entrando anche in utile consonanza con l’insegnamento di William Morris e con la sua rinascenza applicata a stoffe cariche di motivi ornamentali, in un sicuro anticipo dell’Art nouveau e in una risoluta polemica contro i mostri dell’industrialismo avanzante, così fornendo forse il miglior esito di tutta quella impresa. Non so, come detto, quali siano gli eredi dei nostri tempi posti in questa eletta compagnia, ma voglio sperare che un posto gigantesco sia stato assegnato al nostro De Chirico. Abbastanza azzeccato il titolo dato all’intera rassegna, infatti si può parlare di un Rinascimento perennemente rinascente dalle sue ceneri, e dunque da dirsi anche moderno, anche se nella mia terminologia, il moderno andrebbe subito sostituito col contemporaneo o addirittura col postmoderno.
PreraffaellitiRinascimento moderno, Forlì, Museo di San Domenico, fino al 30 giugno.