Anche questa volta, non avendo sottomano valide opere di narrativa da esaminare, affido al mio blog una doppia porzione di pezzi d’arte, approfittando della vista degli Uffizi, in corso di ristrutturazione, che mi è stata offerta dal mio solito ispiratore, Artribune. Ricordo ancora la mia meraviglia quando le prime volte vedevo quell’incredibile inserto architettonico, se comparato col carattere medievale del Municipio fiorentino. Sembra auna incursione di archi tettura moderna, ma addirittura nel senso di Gropius e compagni, un incredibile salto temporale, Poi, avanzando negli studi, ho scoperto che quella spettacolare maturazione era dovuta al Vasari, l’autore delle Vite, che di persona era molto meglio nella veste di “architettore”, per usare il suo stesso termine, piutosto che di pittore. Il che del resto gli derivava dal suo principale mentore, da Michelangelo, anche lui non eccelso come pittore, padre, magari incorrotto, di quei corrotti figli che furono i Manieristi, magari proprio sul tipo dello stesso Vasari, ma insuperabile nell’aprire le syrade a nuovi orizzonti dell’architettura, come seppe fare nella Biblioteca laurenziana, e quasi in punti di morte nella romana Porta Pia. Da lui il seguace Giorgio apprese quel modo di progettare quasi col tiralinee, fino a concepire il perfetto spazio rettangolare degli Uffizi, che tali erano davvero, fatti cioè per dare ricetto alla burocrazia degna di uno stato “moderno”, quale fu senza dubbio quello mediceo, capace di anticipare su tale strada le necessità che dopo avrebbero dovuto riconoscere gli Stati transalpini, capaci di procedere all’unificazione dei rispettivi domini sfuggendo al limite delle anguste dimensioni che invece tarparono le ali alla grandeur medicea, Ma non nel momento di concepire quella visione vasta, funzionale, davvero degna di Uffizi progettati a misura di una burocrazia al passo coi tempi nuovi. Naturalmete non è che la nudità dello schema geometrico fosse lasciata a se stessa, sia il Buonarroti prima, ll Vasari dopo sentivano l’obbligo di adornare la nudità dello schema progettuale con un congruo carico di cornici, paraste, aggetti, di tutto un armamentario decorativo che però non riusciva a nascondere. ad alterare il rigore dell’impianto di base, lo lasciava intravedere sotto il velame di quegli accessori di superficie. Così è ancor oggi, quando penetro in quello spazio, così smile a un inserto che ha bruciato i secoli, correndo in avanti, lasciandosi alle spalle tutti i cascami medievali, e perfino i primi apporti del Brun