Domani, domani
Francesca Giannone, è stata un caso notevole nei tempi recenti, in quanto è comparsa con la sua Portalettere come una delle opere più lette dal pubblico che segue i supplementi letterari. Io stesso ne avevo fatto sul mio blog una recensione alquanto perplessa ma in sostanza favorevole, Ora segue questo Domani, domani, che mi pare ancor più convincente e dovrebbe apportare un analogo o ancor superiore successo. Il che indica un desiderio del pubblico, anche quello esperto, di ritornare a una specie di normalità, a un “romanzo ben fatto”, stanchi dei prodotti che vanno per la maggiore popolati da personaggi assetati da successi televisivi, o da amori fatui, da copie irregolari, da figli minorati o abbandonati s a se stessi, il tutto condito cin qualche concessione al genere giallo o poliziesco per reggere meglio le trame, altrimenti deboli e sfuggenti. Già per l’opera precedente segnalavo un tono degno del Cassola della Ragazza di Bobe, ma in questa prova recente si va più avanti, ci sente un’arua della Casa del Nespolo di verghiana memoria, anche se la vicenda si tiene lontana dall’ ambiente marinaro, anzi, i due protagonisti, fratelli, Lorenzo e Agnese, sono accomunati nel culto della ditta di famiglia, che in sostanza è una cartiera ereditata dal nonno, ma male amministrata da un padre che preferisce immergersi nelle parole incrociate lasciando che gli affari vadano a monte. Tanto che la ditta di famiglia va a finire nelle mani di un pescecane, un tale Colella che ne fa un pessimo uso, anche se proficuo a livello finanziario, da qui il proponimento dei due fratelli di sacrificarsi, di dedicare la loro vita alla riconquista del bene avito posseduto. Agnese si sacrifica di persona, rimanendo al servizio del nuovo padrone e sopportando le angherie cui viene sottoposta in attesa del possibile riscatto, Lorenzo fa di più, sembra abbandonare la partita e d emigrare in una città importante, guastando un amore che si trascinava dietro dal luogo natio e impalando una giovane non per amore ma per soldi, al fine di riprendere la proprietà perduta. In definitiva, anche Agnese dovrebbe compiere un sacrificio di uguale portata, rinunciare a un amante di buona lega che se la vorrebbe portare con sé in una città del Nord, dovrebbe rimanere vittima sacrificale a custodire il lare domestico al momento usurpato, ma alla fine decide e se ne va. Come si conclude la storia? La scrittrice non ce lo dice, chiude sfruttando la testimonianza di un fuglio di nuova covata, e dunque non sapremo se la Casa del Nespolo verrà riconquistata davvero, col che la storia, che non conclude, o lascia intravvedere un incerto scioglimento, ci potrebbe pure ricordare uno dei massimi capolavori del secolo scorso, il Garcia Màquez dei Cento anni di solitudine. Cero è che i due fratelli sono lasciati ai loro drammi domestici, con bella presa plastica e accentuazione drammatica, il che dovrebbe rinnovare per l’autrice, maggiorato, il successo già raggiunto con la Portalettere.
Francesca Giannone, Nord, pp. 380, euro 19.