Gianluca Garrapa
Ricevo da Gianluca Garrapa (1975) una sua raccolta di riflessioni o brevi poemetti che si raccomandano per un volontà masochistica di punire la propria esistenza attraverso proove di ferocia, come sarebbe per esempio quella di strapparsi le unghie o comunque di alterare la propria immagine e quella di ogni altra persona che gli venga a tiro. Un atteggiamento schizofrenico che può ricordare atteggiamenti analoghi attestati da scrittori decadenti dell’Ottocento, e da loro ereditati ai nostri giorni da Huellebech. Il tutto però inframezzato da momenti di lirismo a contatto con la natura in una doccia fredda notevole per intensità dei vari momenti, che però restano alquanto scollegati tra una fase e l’altra. Ci sono comunque doti non comuni, soprattutto in un momento come questo in cui semmai i narratori si compiacciono di dare di sé delle immagini lusinghieri e di facile approvazione. Sono doti che il nostro Garrapa non deve perdere, ma inseguire in modo più sistematico e con un minimo di coerenza, pur riconoscendo che è suo diritto quello di darsi a una contraddizione sistematica.
Gianluca Garrapa, La cosa, Ensemle, pp. 125, euro 14.