Letteratura

Gazzola e il suo romanzo stratificato

Spulciando tra le graduatorie dei “più letti” di cui sono prodighi gli inserti dei principali quotidiani, come Robinson o la Lettura, ho trovato segnalata Alessia Gazzola, col suo La Costanza è un’eccezione. Al  solito, non so nulla dell’autrice, così mi fido solo del mio giudizio sull’opera, che non è male. O meglio, è un romanzo a strati, di cui alcuni seguono il main stream, e quindi c’è poco da segnalare. Protagonista è proprio Costanza, ragazza-madre, ma non del tutto, dato che il padre della figlia Flora, se lo trova sempre tra i piedi, e la riconciliazione è in vista, anche perché entrambi sono legati alle ristrutturazioni di antichi palazzi, e questo è un motivo per riagganciarli, Infatti c’è una veneziana di antica prosapia, tale Almazèn, che ingaggia Costanza per fare ricerche sulla propria famiglia, di origine spagnola, come dice il cognome, ma giunta a Venezia nel Seicento. Col che, parte un secondo strato del romanzo, di natura storica, infatti siamo introdotti nel Seicento veneziano, apprendendo che vi esisteva una curiosa usanza, degli immigrati ma facoltosi, che potevano acquistare il titolo di nobili della Serenissima, come era avvenuto con un capostipite della famiglia, tale Giacomo. Ma la sua stirpe non era fortunata, perché tra i suoi membri c’era una mela marcia, di nome Valentin, che oltretutto soffriva di emofilia, avendo quindi bisogno di nutrirsi di cibo ricco di  sangue fresco, dal che gli era venuta la fama di essere un vampitro. Naturalmente questo tuffo nel passato non è frutto di storia ma di immaginazione, seppure convenientemente nutrita di conoscenze. Anche perché la nostra Costanza professa una curiosa scienza, detta di paleopatologia, e dunque per lei è un invito a nozze frugare in un caso forse di emofilia scambiato per vampirismo. Il capo-dinastia Giacomo, ansioso di far colpo tra la nobiltà in cui era stato appena ammesso, aveva acquistato un palco magnifico in uno dei primi teatri della città, ma qui scatta un terzo strato, di romanzo giallo o addirittura nero, dato che la figlia più giovane degli Alamzàn, di nome Lucrezia, nel bel mezzo di una rappresentazione fastosa era caduta dal palco, schiantandosi in platea. Che cosa era stato, suicidio, caso fortuito, omicidio? Come si vede, la trama si complica, forse troppo, dato che Costanza, e dietro di lei la narratrice, non sanno bene che pesci pigliare, dare una sicura versione dell’accaduto. C’è di mezzo il crudele Valentin, che forse  ha aggredito la fanciulla entrando nel palco, e il buttarsi giù è  stato per lei un gesto estremo di difesa? In definitiva la nostra romanziera lascia la vicenda in sospeso, non avendo  il coraggio di sciogliere il nodo che lei stessa ha ingarbugliato. Meglio ritornare al primo livello, dove, come già detto, forse Costanza e Marco si rimettono assieme, per la gioia della figlia Flora, non prima di una inutile variante in quanto scandagliano tra i segreti di quella dimora, stratificata come la vicenda cui dà luogo, compare pure una stanza in cui forse le brigate rosse avevano costituito una riserva di armi. Insomma, i vari strati della vicenda si agitano, fanno sentire le voci di un concerto seppur non del tutto coordinato.

Alessia Gazzola, La Costanza è un’eccezione,  Longanesi, pp. 297, euro 19.

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