Arte ferrarese bis
Il Palazzo dei Diamanti a Ferrara dedica, come è giusto, mì, un mostra ai pittori ferraresi che hanno operato oltre i primo Cinquecento, dopo la grande schiera dei Cosmè Tura ed Ercole de roberti, quest’ultimo, come si sia, col suo polittico bolognese era stato il canto del cigno dell’ottima gestione di genus Bononiae da parte di Roversi Monaco. Il Longhi, nella sua Officina ferrarese, non ha mancato di accompagnare pure i Garofalo, Ortolano, Mazzolino, Dosso, io non intendo certo fargli concorrenza, mi limito a qualche riflessione sul più ò moto tra loro, il Garofalo. A loro tutti conviene la seconda parte della teorizzazione dei Vasari, che oltre a essere stato l’insuperabile annunciatore della maniera moderna, per se stesso e altri si era limitato a parlare di una bella maniera. Ecco la dizione che vale per questi ferraresi di seconda ondata, non ariosi, naturali, come conveniva ai Giorgione e Raffaello, ma alquanto artificiosi e sopra le righe, senza però il coraggio di cercare il nuovo frequentando il Manierismo del Bassano e del Tintoretto. Non furono neppure capaci di aprirsi alla grande maniera moderna del Veronese, né ci fu per loro il provvidenziale viaggio a Roma che innalzò nella gloria i cugini bolognesi, solo per essere agginciati al carro della Chiesa.
Ferrara, Palazzo dei Diamanti, fino al 16 febbraio