Ricevo un maestoso saggio di Fabriano Fabbri dedicato alla moda contemporanea. E’ il caso tipico dell’allievo che supera il suo maestro, come deve essere. Infatti Fabbri è stato mio allievo al DAMS, e del resto me ne è riconoscente, infatti nella bibliografia del volume fa un lungo elenco di mie pubblicazioni, includendone anche alcune ormai introvabili. Del resto, a indicare l’avvenuto sorpasso, sta proprio il fatto di venire pubblicato per la seconda volta dalla casa editrice principe presso di noi, Einaudi, mentre io, nella mia lunga carriera, pur essendo comparso anche presso editori di prestigio, non sono mai stato ammesso a quel tempio, forse per il mio difetto di essere un socialdemocratico, di appartenere cioè a una sinistra troppo incerta e slavata, per quella Casa che invece era aperta ad autentici sinistri fino in fondo. O forse questa è solo una excusatio, diciamo che non sono mai stato degno di entrare in quell’olimpo. Ma certo quelli sono tempi lontani, e non è che Fabbri venga ammesso alla Einaudi per un qualche suo estremismo, se si eccettua quello che dimostra ampiamente su un idolo dei nostri tempi, la moda, di cui è cultore perfetto, anche a livello di docenza, in un dipartimento dell’Alma mater distaccato a Rimini, però, per una strana decisione, ora è stato riammesso in teoria al Dipartimento delle arti nella sede bolognese. Del resto, a conferma che la scelta einaudiana oggi avviene per il premere degli argomenti pure una sua collega, Federica Muzzarelli, è stata ammessa a quello stesso onore, e per ben tre volte, in quanto accanto al tema della moda ha coltivato pure il femminismo e la fotografia. Tornando al saggio di Fabbri, è un mirabile tour de force per adattare il linguaggio ai mille movimenti, scarti, mutamenti che negli ultimi decenni sono avvenuti proprio nel campo della moda. Il saggista fa sforzi erculei per adeguarsi a quel mutare di esiti, fini, traguardi, al punto tale che il suo vecchio insegnante, pur stupito e ammirato, dichiara anche un pizzico di delusione, o per meglio dire, di rimpianto, che del resto fa parte del suo ruolo di ex-docente superato e pensionato, Quanto sarebbe meglio se tanta energia descrittiva, e capacità di rimodellare di continuo il linguaggio critico, fosse accordato dall’autore a un soggetto più degno, cioè all’arte, anch’essa mutevole, ma a ritmi più pausati e ragionevoli. Del resto, è proverbiale che la moda sia uno specchio ingannevole, una Medea dal volto affascinante ma traditore. Inoltre nel volume c’è un difetto, ma in qualche modo inevitabile, la scarsità delle illustrazioni, che per ragioni anche economiche non possono dare conto delle infinite variazioni che la descrizione sempre aderente del critico dedica alla mobilità dei suoi temi. Il che mi fa ritornare a un motivo di cui ho parlato più volte a Fabbri, da vecchio suo docente che tenta di preservare un ruolo ormai superato- Non è un libro, né un saggio linguistico, a poter dare conto di un tema così sfuggente e mobile, ci vorrebbe una mostra, una visione più ricca, più articolata, con passaggi continui. Ma il figlio dei tempi mi delude subito, i grandi stilisti non daranno mai i loro modelli compiuti per una mostra. Però si potrebbe ricorrere a un succedaneo, forse non del tutto improprio: documentare i mille passaggi della moda attraverso una campionatura dei tessuti adottati di stagione in stagione, messi a confronto con i passi corrispondenti nell’arte di punta. Forse questo si può fare, e forse la magnifica tela tessuta da Fabbri avrebbe un riscontro più visibile.
Fabriano Fabbri. La moda contemporanea, Einaudi, pp.791, euro 38.