Cuore nero
Come si sa, ho costituito una piccola gara tra tre romanzi apparsi in testa alle graduatorie di questi giorni nei vari supplementi letterari. Il vincitore per me è risulato Manzini col suo Tutti i particolari in cronaca, risoluto nelle sue scelte di fondo e ben organizzato nella distribuzione delle carte in gioco. Ho trovato piuttosto inconcludente il Robecchi dei Pesci piccoli. Ora mi resta da parlare del Cuore nero di Silvana Ardizzone, che sarebbe anche la prova più ambiziosa, di una autrice che disprezza il solito aiuto di trame poliziesche e intende fare da sé con la dinamica dei sentimenti soggettivi. Ma si conferma la mia avversità verso una Bononia narrratrix, dato che anche questa volta il mio pollice non è troppo favorevole a questa prova, pur riconoscendole la grinta, la voglia di fare in grande, ma appunto col rischio di strafare, di cadere nell’eccesso, come è già nel titolo, quel cuore nero che promette un’indagine sugli orrori del male, e senza dubbio bisogna riconoscere all’autrice l’abilità, da giallista, di aver tenuto nascosto nel mazzo fino alla fine il motivo stesso di quella valutazione così negativa del suo personaggio, il che però crea una inevitabile delusione quando finalmente conosciamo la ragione di un giudizio così controcorrente. Emilia, la protagonista, quando era una ragazzina adolescente, si sentiva schiacciata da un’amica superiore negli anni e più fortunata in tutto, fino strapparle un possibile fidanzato, fino a maturare il proposito di far fuori quella concorrente così sfacciata e pericolosa. Da qui la punizione, la chiusura in un riformatorio, a sentirsi soggetta a ogni possibile restrizione e umiliazione, fino a nutrire propositi di vendetta. Ma con tutti i misfatti di cui leggiamo in questi giorni, è così grave quel delitto adolescenziale compiuto dalla Nostra, non è un volerla sottoporre a un carico eccessivo? I compaesani la condannano senza remissione, non però un padre che malgrado tutto continua a proteggerla e a prendersi cura di lei. C’è un secondo tempo, quando finalmente scontata la pena, la protagonista oppressa dalla sua colpa cerca un riscatto rifugiandosi in una vita selvaggia tra i monti, e queste al solito, quando si tratta di offrirci spaccati di natura selvaggia, abbiamo sempre le pagine migliori della Avallone. La via del riscatto passa anche per l’innamoramento con un fiero abitante d quelle lande selvagge, nella persona dl Bruno, il quale si trascina dietro un suo vautour da dimenticare, la perdita di un’amata coniuge. Nasce u n animato e controverso dibattito tra la creatura in cerca di rivalsa e l’adulto gravato da ricordi dolorosi, con un va e vieni, in cui magari la nostra Avallone dimostra pure qualche profondità e sicurezza di tocco. Ma il finale è abbastanza chiaro, il cuore nero, che tale in definitiva non è, viene relegato in un angolo, e così la vita affettiva e sessuale della ragazza può riprendere una strada più nomale e accettabile. Il delitto adolescenzale si perde nelle nebbie del passato, difficile dire se la Avallone abbia fatto bene a porlo tanto a distanza, o abbia teso troppo la corda nuocendo alla verosimiglianza del suo stesso racconto.
Silia Avallone, Cuore nero, Rizzoli, pp. 329, euro 20.