Purtroppo il famigerato Congresso di Livorno del 1921, da cui nacque la scissione tra socialisti e comunisti, non cessa ancora di far pesare i suoi funesti effetti, nonostante i mille sforzi di cancellarlo e superarlo. Infatti a un rigurgito di questa scissione, e non ad altro, si deve la forsennata campagna a favore del no al prossimo referendum costituzionale promossa da Massimo D’Alema. La posta in gioco non è affatto l’abolizione del bicameralismo perfetto, cui da decenni tendiamo tutti, ben avvertendone tutta l’inutilità e il ritardo che impone ai processi decisionali. La posta in gioco è l’avversione al renzismo, che in definitiva significa una rivincita della vecchia causa del socialismo che i progenitori di D’Alema credevano di aver affossato per sempre appunto con la scissione di Livorno. Poi c’era stato il lungo intermezzo della dittatura fascista, che aveva proscritto entrambi i tronconi della legittima causa della sinistra. Poi, nel dopoguerra, dopo un breve sprazzo di fortune del PSI, il PCI, con l’appoggio determinante dello stalinismo, credeva di aver regolato i conti una volta per tutte, facendo dei poveri socialisti un corpo minore da trascinarsi dietro e da tenere soggiogato per sempre. Ora invece, con disappunto, D’Alema e di altri come lui vedono che il vecchio spettro rialza la testa segnando perfino punti a proprio vantaggio, e dunque bisogna non esitare, soffocare il pargolo finché è ancora in culla, costi quel che costi, anche accettando il classico “pera Sanson con tutti i Filistei”. Naturalmente tra l’eredità infausta della spaccatura livornese c’è pure il sovrano disprezzo della democrazia, che non esiste, in chi crede di essere nel giusto. Segnalavo nel domenicale scorso la differenza di atteggoiamento tra un Paese che ha la democrazia nel sangue, per quanto annacquata essa risulti, come gli USA. Chi ha perso nella corsa verso la nomination del Partito democratico, Sanders, invece che tendere trappole alla vincitrice Clinton dichiara di schierarsi dalla sua parte, a costo di scontentare una schiera di sostenitori increduli di fronte a tanta lealtà. Da noi, è prassi della sinistra post-comunista insidiare subito che ha vinto in una regolare consultazione elettorale, senza attendere la rivalsa in un prossimo congresso. Come dice Renzi, i suoi rivali gli intentano un Congresso ogni giorni per recuperare il terreno perduto. E’ dunque, in chi crede nella causa della socialdemocrazia, un dovere civico portare il massimo appoggio al sì in vista del prossimo referendum. Sono orgoglioso di andare a pronunciarmi in tal senso stasera, domenica 4 settembre, nel quadro del festiva bolognese dell’Unita.