Continua il tiro al piccione contro Renzi, colpevole della sua politica del “fare” o del decisionismo, che turba le prudenze e i sopori dell’opinione pubblica nostrana, soprattutto nella gestione che ne fanno i pensosi arbitri del più autorevole giornalismo. Renzi ha alzato la voce contro Juncker e la Merkel? Ecco subito un coro che così non si deve fare, che non è prudente, che dobbiamo essere consapevoli della nostra poca statura, e dunque rassegnati a non essere ammessi alle tavole che contano. Nautalmente, fino al giorno prima, Renzi era rimproverato dell’opposto, di non alzare la voce e di non sapersi imporre. Nell’incontro con la Merkel penso che almeno un risultato si sia raggiunto, la Cancelleria non potrà più insistere nella pretesa di direttorio a due dell’Europa, da condividere solo con il presidente francese, con un peraltro spompato Hollande. Proprio in apertura di queste mie cronache io stesso mi ero meravigliato del silenzio renziano quando i due si erano riuniti per giudicare sui fatti dell’Ucraina. Ora credo che quel goffo tentativo di comando bilaterale non si possa più ripetere, almeno coram popolo, il che ovviamente non potrà impedire che i due si consultino, ma in segreto e non in modo palese e sfacciato. Peraltro proprio nell’incontro dell’altro giorni Renzi ha prudentemente biforcato le sue lamentele, indirizzando al furbastro Juncker quelle che concernono la regia d’insieme dell’eurocrazia, come per esempio il fatto che non ci si risponda se il contributo che dovremmo dare alla Turchia possa essere scomputato o no dall’imposizione di non sforare nella spesa annuale.
I Soloni pronti ad accusare di tutto il nostro leader, per quanto riguarda i fatti interni lo hanno bacchettato, nella persona del saggio predicatore Ernesto Galli della Loggia, ricordandogli che non si possono offendere impunemente i diritti tradizionali della casta insediata alla Farnesina e dell’altra residente alla Banca d’Italia e alla Consob. Quanto alla prima, Renzi si è valso di un diritto di cui fa uso normalmente la migliore democrazie dell’Occidente, quella nelle mani del Presidente Usa, il quale, appena nominato, ha il diritto di sostituire gli ambasciatori nelle varie sedi e con esponenti di sua fiducia. Così ha fatto il Nostro liquidando un conforme e acquiescente ambasciatore a Bruxelles, del tutto ligio al “queta non movere” rinfacciato a Renzi in materia europea, con persona a suo avviso più dinamica. Gli si è anche rimproverato di non aver rispettato la sacralità di Banca d’Italia e Consob dribblandole, dando al molto amato Cantone la supervisione nella restituzione dei crediti sottratti ai clienti delle quattro Banche su cui il governo è intervenuto. Ma c’è da chiedersi se, invece di sottoporre a mozione di sfiducia il governo stesso per la sua condotta in tale materia, l’atto di sfiducia non fosse da rivolgere più propriamente a quelle due sacre istituzioni. Banca d’Italia e Consob avranno pure qualche responsabilità nell’aver permesso alla Banca d’Etruria e simili di andare avanti per anni vendendo carta straccia alla loro affezionata clientela, e dunque appare del tutto lecito mettere in dubbio e accantonare (è proprio il caso di dirlo) i loro poteri considerati così intangibili.
L’incontro con la Merkel non poteva certo essere risolutivo circa l’enorme dramma dei migranti, su cui qualcuno, qualche avveduto dei soliti interlocutori quasi quotidiani del salotto Gruber, dovrebbe pur segnalare con vigore quanto sia stolta la pretesa della Svezia e di altri Paesi di rimpatriare appunti i migranti che non riescano a dimostrare di essersene andati perché spinti dai guai della guerra. Dove e come effettuare questi rimpatri? A meno di non prendere a posteriori la soluzione che sarebbe cara a Salvini, cioè di ributtarli nel mare da cui sono arrivati, o di rinnovare le fauste imprese dei colonnelli argentini, che caricavano le vittime su aerei e poi le gettavano nel vuoto. A proposito, è calata o no l’affluenza dalle coste libiche verso i nostri lidi, o si tratta solo di un arresto temporaneo dovuto alle pessime condizioni del mare? Ma queste dovrebbero pesano pure su quanti invece al momento insistono nello staccarsi dalle coste turche per approdare nelle isole greche, con rotte disastrate da naufragi e annegamenti. Oppure, trattandosi di bracci di mare più corti, agisce la speranza di varcarli facendola franca? Ma la quantità di morti dovrebbe indicare il contrario. E in effetti, la via di terra, dalla Siria alla Turchia e poi verso Grecia e Macedonia, o anche solo gli imbarchi sulla costa, dovrebbero essere più facilmente controllabili, laddove la cosa riesce difficile se tentata sul migliaio di chilometri della costa libica. Comunque, si smetta di invocare la falsa pista del rimpatrio, l’esodo dei profughi va fermato in partenza, altrimenti, una volta giunti tra noi, ce li dobbiamo tenere, ricorrendo a una saggia distribuzione tra i vari Paesi.