Il tema del giorno, e che certo ci dovrà accompagnare a lungo, riguarda i vari attentati da cui siamo colpiti, come è avvenuto di recente a Bruxelles. In proposito dobbiamo cominciare a fare un esame di coscienza e a riconoscere le nostre colpe. Non è senza dubbio un piacere farsi saltare in aria, come pure stanno facendo tanti giovani, che d’altra parte non si presentano a prima vista con un’aria particolarmente ascetica, anzi, consumano droghe, hanno compagne e amanti, non diversamente da tanti loro coetanei, e dunque, che cosa li spinge a questo rito assurdo e mortale? La risposta principale è che hanno visto padri, nonni, generazioni anteriori patire le pene d’inferno, discriminazioni dolorose nei ghetti che abbiamo lasciato costituirsi ai margini delle nostre città. A dire il vero, questo plurale richiede qualche precisazione, forse l’Italia è meno colpevole, rispetto alla Francia e al Belgio, ma perché non abbiamo avuto alle spalle le loro colonie, e siamo stati per lunghi decenni noi stessi un popolo di migranti in cerca di lavoro, e dunque destinati a conoscere emarginazione, trattamenti umilianti, patimenti, nelle sedi del mondo occidentale più potenti e dominatrici. Per esempio, i nostri poveri minatori impiegati nei pozzi carboniferi proprio del Belgio vi hanno subito pene infernali, e dunque dal loro seno potevano emergere figure di vendicatori. Ma una certa omogeneità tra i nostri miseri esuli e la popolazione circostante ha consentito un loro assorbimento graduale. Il che invece non succede verso chi viene da altre culture rimanendo abbarbicato a usi e costumi dei paesi d’origine, ma più che altro perché si vede impedito a seguire efficaci processi di integrazione.
Ho colto in merito due voci significative, una accettabile, un’altra invece negativa e pericolosa. La prima viene da un personaggio, Massimo Cacciari, che in linea di massima non amo, anzi, in passato, sulle pagine amiche dell’”Immaginazione” gli ho rivolto uno sfottò definendolo un Dottor Jekyll e Mr Hyde alla rovescio, di notte astruso filosofo che sembra fare la parodia di una buona prosa speculativa, di giorno invece abile profittatore, pronto a coltivare i “do forni” a Venezia, a prendere voti a destra e a sinistra. Ora invece si è fatto campione dei “gufi”, di coloro che vedono dappertutto mali e decadenza, come un Bartali pronto a recitare il suo ritornello, “tutto sbagliato, tutto da rifare”. Ma l’altro giorno, dal salotto della Gruber in cui compare un giorno sì e un giorno no, gli ho sentito dire, una volta tanto, cose molto giuste, con riferimento alle periferie di Parigi, dove i poveri giovani di provenienza araba sono per lo più condannati alla disoccupazione, o se trovano un lavoro, vengono pagati alla metà di quanto percepiscono i coetanei della nostra razza. Si può ben comprendere come un trattamento del genere, protratto nei decenni, genera uno spirito di rivolta, costi quel che costi. Si tratta di giovani del tutto avvezzi alla nostra tecnologia avanzata, ma decisi a rivoltarcela contro, incoraggiati dal profilarsi in lontananza di una “città del sole”, l’Isis, che li spinge a questi furori, che però sono di nascita del tutto endogena. Magari al referto di Cacciari se ne può aggiungere anche uno proveniente dal comico Crozza, che in una recente trasmissione ci ricordava che il conto dei morti si risolve sempre a nostro vantaggio, ovvero con i bombardamenti “intelligenti” dei nostri droni abbiamo ucciso migliaia di cittadini dei territori in mano all’Isis, mentre la ritorsione applicata dai loro kamikaze sui nostri civili si ferma a numeri decisamente inferiori.
Contro queste acute osservazioni di Cacciari-Crozza si ergono invece le reprimende di Ernesto Galli della Loggia. Me ne sono andato “motu proprio” dal “Corriere della sera”, non cacciato via, come mi è capitato in altre prestigiose testate, proprio perché non sopportavo i predicozzi di questo autore, come dei suoi compagni in destrismo acuto quali sono Angelo Panebianco e Francesco Giavazzi. La tesi espressa dal Galli della Loggia, sul “Corriere” del 26 marzo, è esattamente l’opposto di quanto, con giusta intelligenza, ha espresso il duo Cacciari-Crozza, che cioè noi occidentali dobbiamo essere più duri con questi scomodi ospiti, obbligarli ad accettare i nostri riti e miti. Come se invece non fosse proprio la discriminazione, sociale, economica, etica con cui li opprimiamo, a costringerli a farsi delle loro usanze uno scudo protettivo, che però, per troppa compressione, a un certo punto provoca dei punti di rottura e di esplosione, non solo metaforica, ma ahimé anche dolorosamente reale.