Ovviamente il fatto del giorno su cui non si può tacere è l’increscioso Brexit, a proposito del quale molto di accettabile è già stato detto. Come si sa, si tratta di un incredibile autogol del premier Cameron, che non aveva nessun obbligo di bandire lo scellerato referendum, lo ha fatto per ragioni interne al suo partito e sentendosi sicuro di ricavarne una affermazione. Le cose sono andate del tutto al contrario, il che ha prodotto l’affondamento della sua carriera politica, credo senza possibilità di ritorno. Naturalmente l’ampio fronte dei “gufi” nostrani, degli antirenziani per inossidabile principio, hanno subito stabilito un parallelo con la solo apparente analogia del nostro premier tutto lanciato a sostenere il referendum di ottobre. Ma i casi sono molto diversi, Cameron poteva benissimo evitare il ricorso referendario, mentre a quanto pare per obblighi costituzionali non lo può evitare Renzi, che tutt’al più, come riflesso della Brexit, potrà essere indotto a ritardare alquanto l’indizione del nostro referendum, per essere sicuro di superare la prova.
Ora c’è perfino qualche vantaggio nella sciagurata decisione britannica, infatti possiamo assistere come “in corpore vili”, pardon, “nobili”, anzi nobilissmo, quale fornito addirittura dalla Gran Bretagna, agli effetti di una fuoriuscita. Se questi saranno positivi, ahimé, ne potrà venire un incitamento ad altri membri dell’EU a seguire lo stesso cammino. Se invece saranno negativi, ne verrà la dimostrazione di come quella decisione è stata sbagliata, e sarà possibile procedere contro. Mi pare che nulla vieti di indire a qualche distanza un successivo referendum che potrebbe correggere questo primo esito. In Inghilterra i favorevoli al “remain” hanno già cominciato a raccogliere firme in questo senso. E mi pare che proprio per questa potenziale reversibilità della decisione presa l’altro giorno l’UE ora debba essere paziente e tollerante, non sentirsi provocata dalla decisione dei nostri vicini, così da adottare una mentalità di ripicca, di offesi che chiedono pronta vendetta. Questo è l’atteggiamento sbagliato assunto da Juncker, cui invece si attribuisce una parte di colpe per l’avvenuta frattura, E pensare che Juncker dovrebbe starsene tranquillo, e sotto traccia, pago di essersi visto perdonato il grosso fallo di aver favorito l’evasione fiscale delle grandi aziende europee quando era il leader del piccolo Lussemburgo. Assai meglio la linea consigliata dalla Merkel, di pazienza e tolleranza. Visto che la normativa prevede che per il definitivo distacco di un ex-membro dal consorzio degli altri Paesi siano concessi due anni di tempo, meglio concederli per intero, all’Inghilterra, che così potrà sperimentare con calma le conseguenze del suo atto, e magari avviarsi a predisporre un atto di ravvedimento in senso contrario. Come una baruffa tra coniugi, che non sempre deve concludersi con un divorzio inappellabile.
Ovviamente il fatto del giorno su cui non si può tacere è l’increscioso Brexit, a proposito del quale molto di accettabile è già stato detto. Come si sa, si tratta di un incredibile autogol del premier Cameron, che non aveva nessun obbligo di bandire lo scellerato referendum, lo ha fatto per ragioni interne al suo partito e sentendosi sicuro di ricavarne una affermazione. Le cose sono andate del tutto al contrario, il che ha prodotto l’affondamento della sua carriera politica, credo senza possibilità di ritorno. Naturalmente l’ampio fronte dei “gufi” nostrani, degli antirenziani per inossidabile principio, hanno subito stabilito un parallelo con la solo apparente analogia del nostro premier tutto lanciato a sostenere il referendum di ottobre. Ma i casi sono molto diversi, Cameron poteva benissimo evitare il ricorso referendario, mentre a quanto pare per obblighi costituzionali non lo può evitare Renzi, che tutt’al più, come riflesso della Brexit, potrà essere indotto a ritardare alquanto l’indizione del nostro referendum, per essere sicuro di superare la prova.
Ora c’è perfino qualche vantaggio nella sciagurata decisione britannica, infatti possiamo assistere come “in corpore vili”, pardon, “nobili”, anzi nobilissmo, quale fornito addirittura dalla Gran Bretagna, agli effetti di una fuoriuscita. Se questi saranno positivi, ahimé, ne potrà venire un incitamento ad altri membri dell’EU a seguire lo stesso cammino. Se invece saranno negativi, ne verrà la dimostrazione di come quella decisione è stata sbagliata, e sarà possibile procedere contro. Mi pare che nulla vieti di indire a qualche distanza un successivo referendum che potrebbe correggere questo primo esito. In Inghilterra i favorevoli al “remain” hanno già cominciato a raccogliere firme in questo senso. E mi pare che proprio per questa potenziale reversibilità della decisione presa l’altro giorno l’UE ora debba essere paziente e tollerante, non sentirsi provocata dalla decisione dei nostri vicini, così da adottare una mentalità di ripicca, di offesi che chiedono pronta vendetta. Questo è l’atteggiamento sbagliato assunto da Juncker, cui invece si attribuisce una parte di colpe per l’avvenuta frattura, E pensare che Juncker dovrebbe starsene tranquillo, e sotto traccia, pago di essersi visto perdonato il grosso fallo di aver favorito l’evasione fiscale delle grandi aziende europee quando era il leader del piccolo Lussemburgo. Assai meglio la linea consigliata dalla Merkel, di pazienza e tolleranza. Visto che la normativa prevede che per il definitivo distacco di un ex-membro dal consorzio degli altri Paesi siano concessi due anni di tempo, meglio concederli per intero, all’Inghilterra, che così potrà sperimentare con calma le conseguenze del suo atto, e magari avviarsi a predisporre un atto di ravvedimento in senso contrario. Come una baruffa tra coniugi, che non sempre deve concludersi con un divorzio inappellabile.