Di fronte ai vari episodi di terrorismo che si succedono in questi giorni l’unica reazione intelligente è di tenere i nervi a posto, di non cadere in balia di facili “idola tribus”. Occorre guardare dentro, distinguere. In fondo, è la realtà, da sempre, a essere dura, a portare con sé drammi, tragedie. Forse abbiamo già dimenticato i venti morti del disastro ferroviario pugliese, o le povere studentesse perite nell’incidente automobilistico spagnolo, dove evidentemente il terrorismo non c’entra per niente. Il che, però, non vuol dire che dobbiamo assolvere, cancellare. Dietro lo scontro dei treni in Puglia ci sono senza dubbio gravi responsabilità che bisogna accertare e punire. Ancora peggio nei confronti di chi ha permesso che giovani vite viaggiassero su un mezzo senza i necessari requisiti di sicurezza, e ora addirittura si cerca di evitare il pagamento di un giusto risarcimento assicurativo. Non parliamo poi dei reiterati, squallidi, abominevoli femminicidi di cui è costellata la cronaca quotidiana. E come pure dimenticare il capitolo del brigatismo rosso? Come si vede, la violenza non compare solo ora sulla scena mondiale, e non può essere riportata a una sola fonte.
Ma venendo agli attentati, appare evidente che questi corrispondono a matrici diverse, o addirittura opposte, e dunque non bisogna fare il favore all’Isis di regalargliene la responsabilità così da farla apparire onnipotente. Soprattutto, non si imbocchi il piagnisteo che siamo in guerra, che le polizie fanno poco, non ci difendono. Se pensiamo alla Francia, è uscita molto bene dal grande pericolo di un campionato che ha visto decine di squadre e milioni di spettatori. Se a Nizza ci sono state responsabilità, si individuino e puniscano, ma non si dia credito alla stupida versione secondo cui il pulman della morte sarebbe stato fatto entrare con tutti gli onori nell’area proibita, senza dubbio vi è penetrato per vie diverse e con la violenza. Anzi, forse invece che esigere un supplemento di vigilanza da parte delle forze dell’ordine, c’è da chiedere loro di dare anche prova di moderazione e di non andare oltre una giusta misura. La sospensione delle garanzie costituzionali da parte della Francia è subito stata ripresa come utile precedente da una Turchia in cui è in atto un contro-colpo, un passaggio all’assolutismo con cui anche quel Paese, allontanandosi dall’Occidente, si mette in linea con Egitto e Siria e con ogni altro modello dispotico-autoritario.
Ma venendo finalmente ai crimini davvero firmati o patrocinati dall’Isis, devo dire che mi è parsa singolare la tesi espressa ieri nella rubrica “In onda” della 7 da Federico Rampini, pur di solito preciso corrispondente da New York per “La Repubblica” secondo cui nei vari attentati la componente classista non entra per niente. Al confronto una volta tanto devo dare ragione a Freccero, di cui non sopporto in genere il tono saccente e ispirato, quando però nella menzionata occasione ha ricordato che molti giovani risultano pronti al martirio in nome dei patimenti che i nostri Paesi, Francia in testa, hanno fatto subire a genitori e fratelli, e a loro stessi, non trattandoli allo stesso modo dei cittadini di serie A. Purtroppo non è che, per evitare stragi, possiamo rimediare a decenni o secoli di torti di specie colonialista, dovremo cercare di porvi rimedio al presente e al futuro, certo è una lunga via, ma forse l’unica che potrà portare a una riduzione di episodi di protesta e vendetta. In fondo, anche nell’ultimo fenomeno di violenza scatenatosi a Monaco, per quanto sfilato via dal fronte Isis, e anzi riportato ad atti solitari di ispirazione destrorsa, è emerso uno sfondo di patimenti, quelli inflitti al povero immigrato di fresca data, che non è stato ben accolto dai compagni e invece fatto oggetto di bullismo. Evidentemente, non è che possiamo fare i pompieri universali intervenendo ovunque si verifichi qualche episodio di sopraffazione, ma cerchiamo comunque di far osservare il più possibile le buone regole di una convivenza equa ed estesa a tutti.