A dire il vero oggi non avrei nulla di radicalmente nuovo da osservare, se non ribadire cose già dette. Per esempio, è ridicola l’ostilità con cui le varie sinistre condannano il fatto che la riforma del senato sia passata con i voti verdiniani. Con ciò si dimentica tutta una serie di dati di fatto:
– al governo non c’è un monocolore, bensì una, diciamo “kleine coalition”, nata quando il Pd, alle ultime elezioni, non ha potuto ottenre la maggioranza anche in senato. Ci fu il coraggioso tentativo di Bersani di avere l’appoggio dei Cinque stelle, ma come ben si sa, essi opposero un rifiuto perentorio e tassativo. Pare che le cose si mettano meglio in Spagna dove, oggi, si profila una alleanza tra il Partito socialista spagnolo e Podemos, gli equivalenti dei nostri Cinque Stelle, che dunque, se accettano, si dimostrerebbero più malleabili;
– a furor di popolo il Pd allora venne costretto a un’alleanza innaturale ma obbligata con la FI di Berlusconi;
– poi Berlusconi se n’è andato per ripicche personale, e saremmo stati trascinati a nuove elezioni anzi tempo, e con un disastroso sistema di pura proporzionalità, se non fosse intervenuta la salvifica scissione di Alfano e compagni a permettere di tirare avanti, e di portare a termine la riforma costituzionale, cui fino al giorno prima aveva aderito lo stesso Berlusconi;
– ora che dall’ice-berg di FI in via di scioglimento, dopo quello di Alfano, si distacchino altri massi, quale appunto Verdini e compagni, o addirittura il duo Bondi, non muta per nulla la situazione, restiamo nel perimetro di un governo di forzosa coalizione, e dobbiamo ringraziare la riforma elettorale voluta proprio da questa coalizione, anche contro i propri interessi, che dovrebbe consentire, la prossima volta, di uscire da questo clima senza dubbio inquinante di alleanza scomode, facendo saltar fuori dalle urne un unico partito vincitore. Ben vengano dunque, al momento, tutte le forze che corroborano la marcia verso questi obiettivi. E poi, come si è sempre detto, le riforme devono avere un massimo di consenso. Dunque, per quale perversione mentale i voti verdiniani vengono considerati infamanti?
Un’ altra delle corde già da me toccate è la divertita rilevazione del gufismo di cui continua a dar prova un notista politico considerato di peso quale Piero Ignazi, nei fondi con cui compare sull’”Espresso”. Quello della presente settimana si intitola “Sulle unioni civili il premier rischia tutto”, invece, se c’è una questione in cui non rischia un bel nulla, è proprio questa, tanto da essersi concessa la parte nobile di lasciar votare secondo libertà di coscienza, tanto, l’esito è sicuro, certamente la legge che dà parità di diritti alle coppie omosessuali, rispetto ai matrimoni normalmente “etero”, passerà di sicuro. Mentre in Italia, sotto il vigile controllo della Chiesa, mai si arriverà a concedere ai gay il matrimonio tout court. Ma poco cambia, è giusto che le coppie di uguale sesso, se disposte a sancire in termini di legge la loro unione, godano degli stessi diritti (assistenza medica, reversibilità delle pensioni, eredità dei beni) usualmente riconosciuti a chi è unito in matrimonio regolare. La questione dell’adozione di figli appartenenti a uno dei partner prima dell’unione “omo” è del tutto marginale, riguarda pochi casi, e si può risolvere col buon senso, magari affidandola alla magistratura. Renzi, semmai, ha attualmente altri più pericolosi rospi da affrontare.