Tra i molti personaggi altolocati che frequentano i talk show e le pagine dei giornali autorevoli, come il Corriere della sera, la Repubblica e l’Espresso, io distinguo i buoni e i cattivi, ovviamente secondo il mio insignificante giudizio. Nella categoria dei primi metto Paolo Mieli, equilibrato e ben ponderato nelle sue riflessioni, mentre in quelli di un ex-direttore, come lui, del Corrierone metto Ferruccio De Bortoli, che nel salotto della Gruber ha osato dichiarare che al referendum voterà per il no, un voto che, come vado a dire, qualora vincesse, precipiterebbe il nostro Paese nel caos. Ma certo in questa lista di reprobi un nome che spicca, sempre a mio avviso, è quello di Michele Ainis, assurto nel giro di poco tempo, non so bene per quali virtù, ai primi posti in una scala meritocratica. Mi ero già espresso contestandolo, e cercando anche un’occasione di dialogo, visto che in coda ai suoi articoli mette la propria email, ma evidentemente dall’alto della sua posizione ha disprezzato il povero untorello che qui scrive. Nell’ultimo “Espresso”, oggi ancora in edicola, si è pronunciato, da costituzionalista quale sembra essere con tanto di patente, proprio in merito al referendum, ma incorrendo nella massima colpa, degli ignavi, di quanti cioè non si pronunciano, e indicano mali nell’uno e nell’altro caso. Io sono ben lungi dall’essere un costituzionalista, tuttavia un normale buon senso mi porta a dire che le sue osservazioni sono risibili e infondate, mosse dalla pretesa che, vinca l’uno o l’altro fronte, ne seguirebbero guai e paralisi. Supponiamo che vinca il sì, come io mi auguro e spero con tutto il cuore. Anche un bambino saprebbe che l’abolizione dell’attuale senato non implica affatto una applicazione immediata, si dovrebbe attendere la prima scadenza elettorale. Allo stesso modo la corte costituzionale, nonostante che abbia dichiarato illegittimo il Porcellum, si è affrettata a chiarire che i deputati giunti alla Camera attraverso di esso restano al loro posto, fino alla scadenza naturale, in barba a quanto pretendono le opposizioni. Ovvero nel caso di pronunciamenti di questa natura manca del tutto la regola di un’applicabilità immediata. Invece disastrosi sarebbero gli effetti di una vittoria dei no. Mi sembrerebbe del tutto corretto che Renzi prendesse la cosa come una bocciatura del suo operato nell’azione più caratterizzante di questo, e desse quindi le dimissioni dal ruolo di premier. Che fare? Tutti pensano che il presidente Mattarella sarebbe riluttante a sciogliere il Parlamento, ma in che modo vi si potrebbe costituire un’alleanza possibile? Attraverso quali alchimie e matrimoni indebiti? Se invece, magari dopo mesi di vani tentativi alla maniera della Spagna, decidesse di mandarci alle urne, con quale legge elettorale si andrebbe al voto? Temo con un proporzionalismo perfetto e con la sussistenza di un bicameralismo ugualmente perfetto. Bel risultato, roba da far venire la pelle d’oca solo a pensarci. E dunque, meditate, genti, meditate.