Nei giorni scorsi sul patrio suolo hanno imperversato i gufi, gli esterofili, sempre pronti a lodare quanto si fa altrove e a dare addosso a Renzi e compagni, uno stile in cui l’apripista è sempre Marco Travaglio, col suo mento aguzzo e la lingua biforcuta pronta a insinuare dubbi. Dunque, ora è di moda lodare la Merkel, contro cui fino a ieri si inveiva, e ce ne era giusta ragione ricordando come inflessibilmente aveva respinto in dialogo diretto la volontà di accoglimento manifestata da una giovane palestinese, pur in perfetto possesso della lingua tedesca. Ma i pentimenti sono i benvenuti, e dunque ora si deve ammettere che la Merkel, e con lei l’intero governo tedesco, trascinandosi dietro pure quello austriaco, si sono ampiamente redenti andando oltre le più rosee speranze. Ma non per questo è lecito darsi a sottovalutare quanto in merito all’accoglienza dei migranti ha fatto e sta facendo il nostro Paese. Fra l’altro, con rapida dimenticanza dei problemi e celere passaggio a nuovi scenari, si sta mettendo quasi tra parentesi la differenza tra una migrazione che si compie via terra, attraverso la Turchia, puntando direttamente sull’Ungheria, ma per mirare alla Germania , e invece quella che continua ad essere affidata al boat people. La prima, diciamolo pure, si svolge in modi più sicuri, con minor tributo di vittime, e soprattutto si muove lungo un asse che mira direttamente al cuore del sistema europeo. Non si capisce perché l’Ungheria si affatichi in modo così perverso e osceno a drizzare barriere, muri, ostacoli, quando la marea dei migranti non intende certo fermarsi in quel paese, ma lo prende solo come luogo di transito, e dunque, invece di bloccare quello sciame di poveri fuggitivi, sarebbe il caso di renderne più rapido e fluido il passaggio, visto che le mete finali sono disposte ad accettarli.
Ben diverso invece è il problema di chi si affida a barche disastrate, il più delle volte destinate al naufragio, con pesante seguito di annegamenti, e oltretutto per giungere in luoghi decentrati, sulle nostre isole scarse di risorse, trovandosi lontanissimi dal centro Europa. E dunque, difficoltà enormi a tutti i livelli, sia nel salvataggio dei naufraghi, sia nell’accoglienza da riservare in luoghi marginali, il che ovviamente va ripetuto anche per le isole greche. Riconosciamo dunque che a noi questo dramma epocale si presenta in termini assai più rischiosi, con le varie questioni annesse su cui ho già insistito. Ovvero, mentre può essere delittuoso fermare l’esodo via terra, non è possibile lasciar continuare la trasmigrazione per via marina, visto che questa comporta una ingente percentuale di morti.
Ma c’è una questione generale cui nessuno risponde, neppure la Merkel, oppure le si dà una risposta inadeguata e non funzionale. In linea di massima, Merkel dixit, dovremmo discriminare chi fugge da guerre, ovvero siriani, iracheni eccetera, da chi invece si lascia alle spalle miseria, carestia, assenza di lavoro. La Merkel appunto ora ci accusa di non condurre una simile cernita, e subito nostri gufi le fanno eco, tanto per dare addosso a Renzi, chissà che a forza di darci non si riesca davvero a mandarlo via. Ma, punto primo, riesce difficile condurre questa cernita, la risposta è chi dovrebbe esserle soggetto non vi si presta, dichiara di aver perso i documenti o li nasconde. E poi, soprattutto, ammesso che sia possibile condurre una simile distinzione, dove e come si rispediscono i non aventi diritto all’accoglimento? Questo l’enorme interrogativo cui non tenta d rispondere nessuno dei pensosi inrelocutori, sempe gli stessi, dei talk show che aduggiano le nostre serate televisive. Tanto vale rassegnarci e prepararci ad accoglierli tutti, ma per questo bisognerà pure mettere un freno alle fughe via mare, soprattutto per la loro intrinseca pericolosità.