Mi piace compromettermi, a qualche ora di distanza dal momento in cui verranno resi pubblici gli esiti del ballottaggio che oggi in Francia concluderà le elezioni regionali. Al solito, la nostra stampa ha starnazzato in eccesso sull’evento epocale della vittoria del Front National. Gli osservatori accorti, come per esempio Paolo Mieli, hanno fatto osservare che in definitiva le Le Pen sono risultate appena di un punto superiori ai Repubblicani di Sarkozy, Chi è andato male, ma lo si sapeva da tempo, è stato il Partito socialista di Hollande, che sconta i vari errori commessi dal leader, come quello di andare a prendere a randellate (bombardamenti) il nido di vespe dell’Isis, procurandosi addosso la vendetta avvenuta con le stragi del 13 novembre, e anche dopo insistendo nel fare “la faccia cattiva” predicando una sorta di crociata. Potrei perfino aggiungere una punta di moralismo, in fondo sia Hollande sia il nostro Berlusconi sono la prova che una deboscia pubblica e ostentata alla fine non paga. Forse si può sperare che le sorti dei Socialisti francesi, a me ovviamente molto care, siano in mani migliori se affidate al premier Vals, che mi pare forte e determinato, anche per l’appello lanciato ai suoi seguaci invitandoli a far convergere il loro voto sulla lista del pur rivale Sarkozy, preferibile alle schiere temibili e incontrollate delle Le Pen. Del resto, sempre gli osservatori più informati mi tranquillizzano e rassicurano nella mia scommessa, ricordando che i sondaggi, grazie a questa virtuosa concentrazione dei voti “repubblicani”, ci dicono che molti governi regionali in bilico potrebbero sfuggire all’aggressione destrorsa, la zia e la nipote potrebbero ritrovarsi alla fine con un pugno di mosche, speriamo che il pronostico si avveri. Da notare anche che un risultato del genere sarebbe confortante in vista del ballottaggio forse inevitabile quando andremo a elezioni politiche, nel quale dubito dopo che i Cinque stelle possano superare il Pd. Certamente possono contare sui voti di molti tra gli sconfitti del nuovo corso renziano, e sul disfattismo leghista, ma credo che la maggioranza silenziosa berlusconiana, il vecchio ventre della balena democristina, ci pensi due volte prima di votare Cinque stelle solo in nome di uno spirito punitivo.
L’altro fatto del giorno sarebbe la questione delle varie banche locali e del loro salvataggio a spese dei clienti caduti nella trappola di acquistarne azioni e obbligazioni, argomento troppo superiore alle mie limitate conoscenze tecniche. C’è però posto per una riflessione incidentale, perché mai l’Unione europea vieta l’intervento pubblico a sanare i deficit di enti e aziende private ma di grande portata? Questo c’è stato, si pensi agli USA di Obama, e ha salvato molti Paesi da una crisi fatale, è insomma riapparsa l’ombra benefica di Roosvelt e del suo new deal, appoggiata anche ai provvidi insegnamenti keynesiani. Perché mai l’Europa dovrebbe adottare un liberismo forzato, l’applicazione di un “laissez faire” tardivo e fuori tempo? O forse tra i suoi ministri il governo d’Europa annovera il nostro Francesco Giavazzi, nella cui costante predicazione il privato è sempre il bene, e invece il pubblico il male e la minaccia in agguato?