Proseguo sulla falsariga del domenicale scorso. (In realtà, ormai sono piuttosto dei “sabatali”, li metto in rete il giorno prima) in cui riconoscevo il merito di Mattarella di aver dato al Presidente Fico il compito di verificare se era ancora possibile dar luogo a un Conte ter. Per fortuna, quando il martedì Fico è andato a riferire, merito di Mattarella è stato di aver considerato chiusa quella possibilità, che pure aveva vedovi e orfani inconsolabili, procedendo a due atti, entrambi risoluti e di buon livello. Primo, fugare per sempre l’ipotesi di andare a nuove elezioni, argomentando con un precisionismo tecnico a lui insolito i vari aspetti che rendevano impraticabile una simile soluzione. Risulta incredibile che da qualche parte, non cogliendo un simile risoluto diniego, si sia continuato a ripetere il monotono ritornello di andare a nuove elezioni, come se una eventualità del genere non fosse proprio nelle mani di chi, Mattarella, l’aveva appena negata. In secondo luogo, Mattarella ha invitato ad assumere l’incarico di governo la persona che in sostanza era sulla bocca di tutti, Mario Draghi, ma come ipotesi da verificare. Ovviamente, nel fare quel nome, Mattarella aveva preventivamente verificato una sua accettazione, anche se sub condicione. Detto tutto il bene possibile di queste varie decisioni del nostro Presidente, non ritiro affatto le accuse che gli avevo rivolto a suo tempo, di essere stato lui il colpevole della nascita dell’ircocervo del governo giallo-verde, e della conseguente crescita di Salvini e della Lega, a proporzioni che non rispondevano affatto a quel 17% di consenso ricevuto nel voto popolare. Salvini deve tutto a Mattarella. Se il presidente ci avesse mandato a votare di nuovo, cosa del tutto possibile in quanto allora non c’era nell’aria nessuna minaccia di contagio, avremmo avuto un onesto governo di centro-destra a guida Berlusconi, che avrebbe potuto tenere alla catena il bestione Salvini.
Detto ciò, devo confermare tutto il mio apprezzamento rivolto a Renzi, l’unica vera testa pensante della sinistra, nonostante le stupide, insulse scariche di odio che gli riversa la “vil razza d’annata” dei commentatori politici. Solo dalla bocca di qualcuno, Casini, Ambrosini, ho sentito uno schietto riconoscimenti dei meriti renziani. Si devono approvare le sue mosse in questo turbolento periodo, il giudizio negativo su un eventuale connubio Pd-Pentastellati, quando era chiaro il loro carattere di gruppo improvvisato, di puro qualunquismo. Questo però non ha esentato Renzi dall’indicare ai suoi la necessità di fare quell’ingrato matrimonio per fermare la presa del potere da parte di Salvini, cresciuto oltremodo per colpa di Mattarella. Ricordiamo che in quel momento il segretario Pd Zingaretti voleva andare al voto, cosa disastrosa per il suo stesso partito, solo per la volontà di far fuori il corpo estraneo e ribelle del gruppo di deputati di fede renziana. In quel momento fu saggio turarsi il naso e fare la difficoltosa alleanza con gli irrequieti e inconsistenti Pentastellati. In seguito, Renzi ha avuto modo di valutare quanto inconsistente fosse l’azione di Conte, bravo nel cerchiobottismo, nel bloccare i vari dossier, se fossero tali da mettere in crisi il suo ruolo, gradito dagli alleati solo per amore di quieto vivere. Da qui la rottura renziana, più che giustificata, anche per la stolida insistenza dell’altro blocco a non volergli concedere niente. Del resto, Renzi doveva aver fatto in privato le opportune consultazioni, dato che pur nel mezzo delle invettive che gli scagliavano contro, aveva detto. state tranquilli, non si va a nuove elezioni i e tra pochi giorni avremo una soluzione d alto profilo. Il cosiddetto “demolition man” in realtà è stato lui stesso demolito quando ha tentato una delle più nobili e lungimiranti imprese della nostra storia, la riforma costituzionale con l’abolizione dell’insulsa bjcamerale. Quasi tutti hanno dimenticato un altro suo merito, è lui che ha portato Mattarella al Quirinale. Tutti riempiono di lodi quell’inquilino, e intanto incrudeliscono, con la loro irritante mediocrità, contro chi sa vedere da lontano, costi quel che costi.