Continua l’operazione anti-Renzi di tutto il culturame italico, con un epicentro nel salotto della Gruber dell’Otto e mezzo, dove non si tenta ormai più di mantenere un qualche equilibrio convocando anche un renziano d’ufficio, ma dominano i Padellaro e Travaglio e Scansi, tutti concordi nel dire che Renzi è il traditore della sinistra. Va in scena ogni sera la tradizione nostrana ferma nell’identificare la sinistra con il post-comunismo al cui confroto ogni apparizione di socialdemocrazia può essere sen’altro tacciata di social-tradimento. Per fortuna i sondaggi negano tutto questo clima di terrorismo, il Pd saldamente in mano a Renzi resta alto nelle percentuali, in competizione coi Cinque stelle, anche se inevitabilmente decurtato dalla fuoriuscita dei “veri” testimoni della sinistra. Però, guarda casa, questi autentici tutori di una sinistra che conta restano accantonati al 3%. Si pensi che autentico disastro per la causa della sinistra nel nostro Paese sarebbe stato se i Bersani e D’Alema fossero riusciti a spaccare in due quell’intero fronte. A quanto pare i veri rappresentanti dei lavoratori ragionano bene e non seguono quei suonatori di piffero. Naturalmente la cricca anti-renziana pregusta già il piacere della prossima sconfitta che il segretario riporterà nelle elezioni siciliane. Ebbene sì, non sto neppure ad attenderne l’esito, quasi sicuramente il blocco a guida Pd, con relativo candidato alla presidenza, arriverà solo terzo, vittima della scissione a sinistra, che certo, come già a Genova e in altri casi, un risultato lo riporterà, quello di impedire comunque che vinca la vile, ignobile causa socialdemocratica. Ma resta da chiederci se le elezioni siciliane siano davvero così anticipatrici del voto nazionale del prossimo marzo. Nulla sta a indicarlo, e dunque è ridicolo che, nel caso di una sconfitta renziana, già si predichi la necessitò di un suo passo indietro. Purtroppo questa minaccia risuona anche all’interno del partito, che è come una cipolla che si sfoglia di continuo, i perdenti nella corsa alla segreteria del partito, vedi il caso di Orlando, continuano a non accettare il responso delle elezioni interne, a minacciarne l’esito, a tendere trappole e insidie a chi ha legittimamente conseguito la carica di segretario. Ci si deve mettere in testa che le regioni a statuto speciale lo sono davvero, e dunque l’esito elettorale conseguito nel loro territorio poco indica agli effetti nazionali, questo va detto della Sicilia come dell’Alto Adige e della Val d’aosta, è ridicolo volerne trarre pronostici di portata generale. Fra l’altro, sarebbe il caso di unificare le varie scadenze elettorali per evitare la condizione perversa di un Paese che si trova in perenne campagna elettorale.
Sempre i soloni della sinistra oscillano tra contenutismo e formalismo. Se per un verso si collegano ai dati duri della società, per un altro verso sono difensori del formalismo più impeccabile, per cui è stato un reato, da parte del solito Renzi, mettere in discussione il rinnovo della carica di Visco, con intervento indebito, impertinente, fuori regola. Perché allora non fare direttamente una legge per cui il direttore della Banca d’Italia ha comunque diritto al rinnovo, qualunque cosa abbia fatto, magari con pene da comminarsi a chi pretenda la cosa assurda di mettere in dubbio proprio un rinnovo che deve andare da sé? Casini è avvertito, non pretenda che la sua commissione ponga in dubbio la specchiata condotta di Visco, sarebbe un reato inaccettabile, un giudizio positivo sul suo operato va da sé, si deve considerare dato a priori, guai a chi lo voglia sindacare.
Sempre i nostri anti-renziani, mentre pregustano la sconfitta che lo colpirà con l’esito delle elezioni siciliane, sono già pronti a fare i conti in base al sistema elettorale appena approvato dalle camere, il Rosatellum bis. Naturalmente. è stato obbrobrioso che se ne sia ottenuto il passaggio con ricorso a ripetuti voti di fiducia. Ma come, i nostri bravi sinistri e destri scavano delle buche per farci cascare la maggioranza di governo, per impedirle di legiferare, e quei disgraziati studiano dei percorsi per evitare le insidie, i tranelli, pretendono proprio che passi il volere della maggioranza? Quale inaudita prova di furberia. Ci si è messo anche Grasso, a dichiarare di essere rimasto turbato, da quegli infausti giochi di prestigio. In realtà abbiamo un Pisapia numero due, uno che si sfila dalla compagine renziana per tentare di mettersi a capo della “vera” sinistra. Che naturalmente non avrà alcuno sbocco in base al Rosatellum, su cui però molti calcoli sono sbagliati. Ovvero, i sondaggisti commettono un errore, ritengono che le minoranze sparute al seguito delle varie sirene della “vera” sinistra vadano compatte al voto, trascinandosi dietro le loro misere percentuali, con l’effetto auspicato di impedire, in ogni collegio, che vinca un esponente renziano. Ma se invece succedesse che nel segreto della cabina ciascuno votasse con la sua testa, e in base alla logica del voto utile, che si accorpa e fa massa, decidendo così di non confermare l’adesione ai gruppuscoli sparpagliati della sinistra e confluendo nella lista che sola può dare un esito positivo? Sarebbe un modo indiretto e certo debole di andare a una sorta di ballottaggio. Forse gli stessi seguaci di Pisapia, e ora anche di Grasso, sapendo di non essere visti nel segreto delle cabine dai rispettivi capetti, confluirebbero sul Pd, come di sicuro faranno anche alfaniani e verdiniani, che sanno bene che la destra ha già il braccio armato per farli a pezzi.