Attualità

Dom. 5-1-20 (Libia)

Confesso che non mi sento di disapprovare l’accesso di realpolitik cui si è dato il Presidente Trump decidendo di sopprimere, con operazione invero netta e pulita, senza spargere troppo sangue, l’iraniano Soleimani, certo giunto a Bagdad non con intenzioni pacifiche da turista, ma per ordire gravi danni a spese degli statunitensi. E di riflesso un po’ di realpolitik non avrebbe guastato nei nostri rapporti con la guerra civile che sta sconvolgendo la Libia. E’ risibile il nostro bon ton, la nostra pretesa di far dialogare i due pretendenti, evitando di acuire la tensione portando un aiuto militare all’uno o all’altro. Come se si trattasse di contendenti leali, con cui è possibile dialogare, e del resto questo è già stato fatto perfino troppo a lungo. Le parti sono impari, Haftar è un aggressore che vuole impadronirsi di tutto il potere occupando la capitale Tripoli. Buon per noi che ha fatto male i suoi calcoli, la sua pretesa guerra lampo si è impantanata alle porte della città, e il rivale Sarraj, non si sa per quale miracolo, riesce a resistere, ma da un momento all’altro la lotta potrebbe cessare, e un Haftar davvero capace di occupare la città-simbolo porterebbe alla chiusura dei giochi, più niente da fare. E dunque, sarebbe stato nostro interesse accogliere la richiesta di Sarraj, recargli un aiuto in armi e in uomini, visto che lui è l’autorità ufficiale dei quel Paese, con riconoscimento da parte dell’ONU e dell’UE. Noi abbiamo stupidamente, recitato la parte dei puri di intenzioni, mentre Turchia e Russia non si sono fatte pregare, stanno inviando forze militari per tutelare i loro interessi, ragionando appunto in base alla più classica realpolitik, quella di cui senza esitazione ora ha dato prova anche Trump. Caso mai, se si vuole una soluzione pacifica al dramma libico, ci sarebbe da ascoltare la saggezza di un precedente AD dell’Eni, Paolo Scaroni, peraltro rivolto a recuperare fatti storici, il quale ammoniva a imboccare una soluzione saggia di tipo federale, mantenendo separate Bengasi e la Cirenaica. E’ la soluzione federativa che potrebbe venire buona in tanti casi, spegnendo focolai di guerra. Il Partito Socialista Spagnolo, se vorrà l’appoggio del fronte catalano indipendentista per fare il governo, dovrà quanto meno accrescere i privilegi autonomisti da dare a quella regione. Si sa che a renderlo esitante su questa strada agisce il timore di dover poi pagare della stessa moneta altre regioni iberiche, ma anche i Paesi Baschi meriterebbero uguale trattamento. In genere, dove c’è una differenza linguistica, occorre essere larghi nel concedere autonomia, evitando così le scissioni radicali. Noi in fondo abbiamo fornito un ottimo esempio per la Val d’Aosta, dove il francese è lingua dominate, e per l’Alto Adige, dove a prevalere è il tedesco. Ma un problema dal genere è davvero da riservare a trattative da condurre a posteriori, al momento un minimo di intelligenza strategica ci dovrebbe indurre a portare un sostanzioso aiuto militare alla causa di Sarraj, non lasciando un tale compito alla sola Turchia.

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