Nel manifestare, domenica scorsa, una rara, e spero del tutto momentanea sintonia col Donald Trump che propone l’introduzione di barriere doganali nel commercio internazionale allo scopo di proteggere gli operai statunitensi, mi sono viceversa trovato in disaccordo con personalità politiche cui di solito va la mia adesione. Mi riferisco in particolare al ministro Calenda, che ha definito l’affermazione di Trump, prontamente ripresa dalla Lega di Salvini, una “totale stupidità”, frutto di disinfomazione. Si sa bene che Calenda attualmente gode di vasto credito, anche se non è ben chiaro a che cosa stia mirando. Ritengo che, al pari di altri, la rinuncia a candidarsi nelle prossime elezioni sia solo un prudente gesto di attesa, in vista di una possibile chiamata al ruolo di premier, come mediatore tra forze partitiche costrette a qualche piccola o grande coalizione. E certo, se le barriere doganali italiche dovessero rivolgersi ad altri Paesi dell’UE la pretesa sarebbe insensata, o addirittura vietata dalle regole dell’Unione. La sostanza di quanto almeno riguarda la mia presa di posizione è che non ci può essere libero mercato con Paesi in cui la retribuzione del lavoro operaio sia troppo inferiore rispetto ai nostri parametri, per tale ragione ho sempre invocato un intervento massiccio dei sindacati, che su un simile argomento potrebbero tentare di raggiungere un’unificazione europea. Per quanto, non possiamo ignorare che proprio all’interno della nostra comunità esistono spareggi del genere. Per esempio, in Polonia i salari sono senza dubbio inferiori rispetto ai nostri, il che avrebbe dovuto essere motivo di riflessione prima di ammettere quel Paese nell’Unione, o potrebbe far scattare l’ipotesi, altrimenti insensata, di un’Europa a due velocità. Ma la Polonia, e suppongo anche la Romania, sono in rapida crescita, e non tarderanno a entrare in sintonia con i nostri valori. Mentre ritengo che molto tempo debba trascorrere prima che un simile adeguamento avvenga in Cina, India, Brasile, per cui barriere doganali in quelle direzioni mi sembrano necessarie, soprattutto per bloccare la tentazione dei nostri industriali di andare a produrre là, poi reintroducendo le merci a più basso costo. E’ insomma una questione di regolamentazione dei flussi, quasi come avviene anche in ambito meteorologico. Quando due aree si trovano a un diverso stato di pressione atmosferica, dall’una all’altra avvengono rovinosi spostamenti di masse d’aria, mentre quando i valori meteorologici sono a un medesimo livello, la circolazione avviene in modi più corretti e accettabili.